domenica 27 marzo 2016

UN BRUTOS A CASA MIA!


Carissimi lettori,

oggi vi offriamo un'anteprima dell'articolo a cura di  Franco "Jack The Cat" Malatesta che appare sul n° 90 della nostra rivista  che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.it

Il periodo natalizio è tempo di felicità, regali e occasione per stare insieme ai propri cari. In questo dato periodo, nel 2014, provai a farmi un regalo molto personale:  chiesi, in punta di piedi, ad un personaggio famoso se era disposto a incontrarmi per un’intervista.

Con mio stupore, ne strappai una promessa!“Dove vogliamo incontrarci?” mi chiese. Io gli risposi che per stare tranquilli potevamo fare anche a casa mia, ma l’ho sparata lì, abito fuori Milano (costringo una star degli anni ’60 a farsi il viaggio fino a casa mia? Ma và, farà una controproposta). E invece mi sorprese, accettando molto volentieri!

Il primo appuntamento era fissato per il 27 dicembre. Ma poi, incontri con i propri cari e altro, in quel periodo lì, esauriscono il tempo libero.
La star quindi ha rilanciato: “Senti, facciamo il 5 gennaio? Ti va??”
Ma come “mi va???” – CERTO che mi va!

Appena chiusi la comunicazione, ripensai a tutti quei personaggi che ho incontrato durante gli anni, cantanti di cui ascoltavo i dischi negli anni ’80 e ‘90: Ray Campi (con cui ho collaborato come batterista), Marvin Rainwater (idem), Clem Sacco (idem), Johnny Powers (idem), Riz Samaritano (che incontrai per un’intervista, poi apparsa qui su Jamboree) e poi Sonny Burgess, Gene Summers, Hayden Thompson, Johnny Farina e altri.

E adesso incontro un altro personaggio musicale storico, che faceva parte di un gruppo che girò il mondo ed ebbe anni di “residency” negli USA: 

Gerry Bruno, il “dentino” dei Brutos.

Essendo classe 1971, ricordo Gerry anche alla radio, qui a Milano – più che altro, ne parlava mio fratello maggiore, all’epoca disc-jockey nelle radio della provincia milanese. E la radio è un argomento che ho sempre trovato interessante, per cui parlerò con Gerry anche di questo.

Gerry, parlami delle tue origini

La mia famiglia ha origine a San Cataldo (CL), e allora (come spesso anche oggi) si partiva verso il nord, con un biglietto di sola andata, per lavoro: approdammo a Torino.
Nacqui nel 1940, quinto in ordine di arrivo dopo due fratelli e due sorelle. 
Avendo avuto la fortuna di avere avuto due fratelli prima di me che avevano prestato servizio militare come ufficiali, io ne fui esente, sebbene feci lo stesso la visita medica: il generale che mi esaminò, nella vita privata era un direttore di sale da ballo, che già mi conosceva e mi apprezzava, grazie alle
mie serate in cui imitavo Jerry Lewis insieme al mio socio che impersonava Dean Martin. Era il 1958.
Ho sempre avuto una spiccata propensione all’arte: oltre all’avanspettacolo, mi piaceva molto ballare, mi piaceva il rock’n’roll, le moto, e a causa di questo (o grazie a questo) fui licenziato da un posto di lavoro che trovai con fatica presso la UTET, casa editoriale molto famosa, dove io mi occupavo di composizione di pagine enciclopediche: le serate di avanspettacolo continuavano, non solo a Torino, ma anche fuori, sulla costiera ligure ad esempio, e per fare ciò chiedevo permessi di continuo al lavoro. Non mi pregarono di rimanere.
Cercavo di entrare nel mondo dello spettacolo, sentivo quella essere la mia vocazione: il mio vicino di casa che suonava la chitarra, Jack Guerrini, ed io, andammo a fare un provino al Teatro Alcione di Torino, e ci
accolse il commendatore Zanfrognini, a capo dello stabile, a cui piacemmo così tanto che ci fece un contratto per 10 anni!
Da lì in poi avrei guadagnato soldi facendo ciò che mi piaceva fare di più! 
Guerrini venne messo a fare il cantante di una orchestra di rock, io insieme ad altri due attori, Giorgio Vacca e una ballerina di rock che si chiamava Giovanna, componevamo i Rock G3, nome originato dalle iniziali dei nostri nomi, ovvero un trio di ballerini rock, e Aldo Maccione era il comico che chiudeva lo spettacolo – eravamo la compagnia del Teatro dei Pazzi.
Dopo due settimane, provando quasi per scherzo durante le pause, Guerrini attaccò a cantare “Little Darlin’” dei Diamonds, e noialtri iniziammo a fare accompagnamento vocale, ma anziché copiare lo stile del disco, ne inventammo uno che prevedeva lo sguardo fisso nel vuoto, un accompagnamento vocale diverso dall’originale, e noi immobili.
Una cosa nata spontaneamente, per caso: ma alla gente piacque un casino!
Questo fu l’inizio dei Brutos: avevo 19 anni, era il 1959.

Poi, cosa accadde? I Brutos divennero famosi da subito all’estero, oppure no?

Bisogna dire che il nostro spettacolo divertiva molto il pubblico, che continuava a venirci a vedere.
Ma gli impresari mediocri dell’epoca, venendo noi dall’avanspettacolo, ci definivano “meteore”, e secondo molti di loro saremmo durati due o tre mesi al massimo.
Invece Zanfrognini SAPEVA che non era così, per cui ci portò nei maggiori teatri italiani a sue spese!
Sale da ballo a Riccione, la “Casina delle Rose” a Roma, e altri, principalmente perché questi posti erano frequentati da impresari di un altro livello: venivamo scorrazzati in lungo e in largo dentro una FIAT 1900 “Gran Luce” di proprietà del commendatore, e alloggiavamo in pensioni che prevedevano uno stanzone dove dormivamo tutti e 5 insieme. Pagava tutto lui, tanto credeva nel nostro potenziale.
Facevamo quindi le nostre serate, però come spesso accadeva, i pagamenti a seguito delle stesse arrivavano tardi, per cui eravamo spesso senza soldi per mangiare, sebbene il nostro mentore conoscesse posti dove
con 500 lire di allora ci mangiavano in 6 o 7.
Avevamo un furgone con i finestrini rotti, e spesso arrivavamo davanti agli hotel prima del loro orario di apertura, per cui eravamo costretti a dormire dentro il furgone mentre ne aspettavamo l’apertura.
Erano tempi così: per fare l’artista spesso si passava attraverso l’inferno, ma ci bastava la risata del pubblico per essere contenti.
Tutta questa prima gavetta diede i suoi frutti: andammo a Parigi a l’Olympia, lì diventammo delle star, e da lì cominciarono a piovere ingaggi per date oltreoceano, tra le quali Las Vegas (che documentai con abbondanza di foto) e New York, dove comparimmo persino al Ed Sullivan Show.
Stavamo gustando il successo, amavamo far ridere il pubblico.

A proposito di risate, ero bravo a raccontare le barzellette: le mimavo, le interpretavo, insomma, ai tempi era quasi una carriera parallela quella del barzellettiere, tanto che spesso mi pagavano pranzo o a cena, solo per l’aver fatto ridere gli amici o gli astanti.
Lo stesso Walter Chiari raccontava le barzellette che, magari, gli avevo appena raccontato nella mensa più di una volta in TV, nei programmi in cui era titolare o co-autore.

Avete fatto tanti night club: raccontami un po’ quell’epoca....


..continua sul n°90 di Jamboree Magazine.







1 commento:

  1. Grandi brutos vedendovi su Youtube mi avete fatto ridere anche jack guerrini che se ne andato troppo prestito

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