venerdì 24 luglio 2015

Intervista ai POSITIVA - rock'n'roll band di Padova

Carissimi lettori,

oggi vi offriamo un'anteprima dell'intervista a cura di Maurizio Maiotti che appare sul n° 88 della nostra rivista  che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.it 




                                                                                                                                                                                                                  Come la nostra rivista anche voi siete arrivati ai vent’anni di attività, un notevole traguardo! Per farvi conoscere meglio ai lettori di Jamboree vorrei farvi raccontare come e perchè nasce la vostra band. Da dove scaturisce la scelta del nome ‘Positiva’?

Effettivamente il tempo corre veloce!!! La band nasce infatti nell’ormai lontano 1996, inizialmente come quartetto votato al pop-rock e con una scaletta composta di soli brani originali. Più in là negli anni hanno fatto la loro comparsa le prime cover e l’impronta Rock’n’Roll anni 50 ha iniziato a farsi sempre più marcata.
Dai primi anni 2000 abbiamo fondato un gruppo parallelo, “Elvis Hotel”, che ci ha dato la possibilità di approfondire questa nostra passione, che è poi confluita nel progetto POSITIVA, già al tempo più noto a
livello locale.
Attualmente siamo un trio i cui componenti delle origini sono rimasti Butch (Voce/Contrabbasso) e Jester (Batteria). Da un paio d’anni la formazione è finalmente stabile con l’arrivo di Lucky (Chitarre/Seconda Voce).
Il nome, è nato nei primi mesi di attività, dettato dall’urgenza di partecipare ad un concorso che poi vincemmo. Negli anni è rimasto invariato, come segno di buon auspicio. Inoltre si adatta bene allo spirito della musica che proponiamo.
Come la maggior parte dei gruppi attivi nel mondo, dopo qualche tempo arriva l’esigenza di incidere un disco.

Quando è arrivato il vostro momento avete tentato di farvi produrre da un esterno oppure avete ripiegato subito sull’autoproduzione? Raccontateci il vostro percorso legato al primo disco.

Il primo disco, The Big Pepperone, è del 2010, (anche se pubblicato nel 2011), e in esso abbiamo condensato tutto ciò che in quel preciso momento ci caratterizzava, ovvero la proposta dei grandi classici, di
brani inediti e qualche brano moderno ripreso in chiave retrò.
In quel momento non c’era assolutamente tutto il fermento nell’ambito Rock’n’Roll e Rockabilly, che invece si può riscontrare oggi.
In questo senso siamo stati degli anticipatori, per quanto riguarda la nostra zona geografica perlomeno. Tale circostanza, oltre all’oggettiva crisi del mercato musicale, ci ha fatto propendere da subito per l’autoproduzione. Questo ci ha dato modo di sondare il terreno, senza particolari vincoli o rischi, testando il risultato direttamente col pubblico. L’esperienza l’abbiamo poi ripetuta anche con le successive produzioni e solo per il prossimo album, stiamo valutando alcune proposte.

Come lavorate in sala prove e poi in fase d’incisione?

Ormai abbiamo sviluppato un metodo di lavoro piuttosto rodato.
Disponiamo del “Rat Hole”, ovvero la nostra sala prove, che negli anni abbiamo convertito a studio di registrazione, sempre in continua evoluzione.
In pratica il tutto nasce, si sviluppa e viene inciso “in casa”. 
Il mixaggio è l’unico passaggio per il quale ci rivolgiamo ad esterni, oltre per quanto riguarda la stampa, ovviamente.
Solitamente partiamo da un’idea o da un’improvvisazione e se ci convince, ne facciamo una registrazione “al volo”. 
Successivamente, riascoltiamo tutto il materiale e una volta selezionato passiamo alla registrazione vera e propria, a tracce separate o in presa diretta, a seconda della sonorità che desideriamo ottenere.

Provate a darci una descrizione del vostro impatto dal vivo, le vostre caratteristiche sul palco e il vostro approccio con il pubblico.

Il sound generale è sicuramente influenzato dai molteplici ascolti e gusti musicali, che però vengono sfruttati al servizio del genere proposto. 
Rispettiamo molto quello che suoniamo e cerchiamo di mantenere un sound puro e confacente ai canoni ma con un approccio più attuale.
Il pubblico è la nostra principale fonte di ispirazione e soddisfazione, la band esiste grazie a loro, dopotutto.

Avete qualche aneddoto curioso da ricordare?

E’ divertente ricordare come è nata e come si è sviluppata l’idea di fare una cover di Rock Satana, un brano di Roby Milione, contenuto nel nostro ultimo EP Red Shoes.
Ci trovavamo a Riva Del Garda, in attesa di fare un concerto e ad un tratto è arrivato un messaggio da un nostro amico, che ci consigliava di dare un ascolto questo brano che non avevamo mai sentito. Subito lo abbiamo ascoltato e abbiamo raccolto qualche informazione sul pezzo. Ce ne siamo innamorati subito e
avendo qualche ora a disposizione, abbiamo noleggiato un pedalò e nel bel mezzo del lago abbiamo arrangiato a cappella la canzone e una volta tornati a casa abbiamo iniziato a registrarla. 
Una volta finita, abbiamo inviato il file proprio a Roby, che ne è rimasto entusiasta e con cui è nato un bellissimo rapporto di stima reciproca. Stiamo parlando di un vero pioniere del Rock’n’Roll Italiano e siamo molto felici e orgogliosi che la nostra versione gli sia piaciuta. Al tempo, nel 59, Rock Satana è stata censurata per il suo testo considerato “oltraggioso” e ci piace l’idea di provare a darle una seconda possibilità.

Ho ascoltato con piacere il vostro ‘Re-Presley - vol.1’ poichè anch’io sono da sempre un fan di Elvis Presley. Cosa significa per voi Elvis? Cosa volete trasmettere con questa collana dedicata al Re?

Re-Presley è un progetto ambizioso e a lungo termine, che si propone di darci la possibilità di approfondire e reinterpretare il materiale di colui che per noi rappresenta la punta massima per quanto riguarda il nostro genere e non solo. E’ suddiviso in vari volumi, senza un ordine cronologico fisso nella scelta dei brani, per poter spaziare il più possibile.
Una grande soddisfazione è che, attraverso questo lavoro abbiamo avuto la possibilità di incuriosire e far conoscere il Re a nuovi e giovanissimi ascoltatori, che non avevano ancora avuto la possibilità di “incrociarlo” nel loro percorso musicale.
Nel caso del primo volume, abbiamo voluto mantenerci il più possibile vicini alle versioni originali, ma non è detto che in futuro ci divertiremo a stravolgere alcune pietre miliari.
Per noi Elvis rappresenta il modello ideale, come cantante e come
entertainer a tutto tondo, un punto di riferimento imprescindibile.

..continua sul n°88 di Jamboree Magazine.


sabato 11 luglio 2015

I KAAMS

Carissimi lettori,

oggi vi offriamo un'anteprima dell'intervista a cura di Maurizio Maiotti che appare sul n° 88 della nostra rivista  che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.it 

I KAAMS si formano a Bergamo nel 2009 e propongono un perfetto mix di garage, RnR, R&B e sfumature blues, il tutto avvolto da melodie 60’s alle quali è impossibile resistere.

Partiti come duo rilasciano il primo Ep “She’s a Killer” a marzo 2010 per Bedo/Dirty Water. Alla fine dello stesso anno un nuovo 7" “Choose Your Coffin - the Kaams vs the Monolithics” esce su Boss Hoss, distribuzione Area Pirata.

Il 2012 è un anno frenetico, un sacco di concerti in tutta Italia, Germania e Svizzera, e soprattutto il tanto atteso primo album: “Uwaga!” (LP/CD) esce per Area Pirata/Boss Hoss/Bedo. 

Nel Maggio 2013 la band va in tour in Inghilterra, e per la fine dell'anno tocca Francia, Belgio, Germania e Svizzera. 

Nuovo tour europeo nell'aprile 2014 con gli amici Snookys, e nuovo album “One To Six” (LP/CD), sempre per Area Pirata/Boss Hoss/Bedo, uscito ad ottobre dello stesso anno. 

Da qui in poi molte date del tour promozionale già fissate tra Nord e Sud Italia, Spagna e Francia. Ad agosto i nostri ripartiranno per l’ennesimo tour europeo.

Vorrei iniziare parlando dei quattro componenti e descrivere brevemente il percorso di ciascuno: studi, lavoro, hobby, aspirazioni nella vita.

Andrea: Ognuno di noi ha suonato in altri gruppi prima dei Kaams, siamo una band multigenerazionale e mal collocata logisticamente, ma nonostante questo teniamo duro. I nostri hobby vanno dal pugilato all'orto
botanica, e per vivere due su quattro passano otto ore al giorno di fronte ad un PC, uno è barista e l'altro fa il "trafigù" (come si dice dalle nostre parti). Più che aspirazioni direi obiettivi: continuare ad andare in giro divertendoci, senza pressioni, e fare ancora qualche disco.

Come nasce la vostra passione per il suono garage-sixties? E vi sentite parte di una scena?
Andrea: Per quanto riguarda me è sempre stata una sorta di reazione a catena: inizi ad ascoltare un gruppo Punk e scopri che quel pezzo che tanto ti piace è una cover di qualcuno venuto quindici/venti anni prima, quindi ti documenti e approfondisci. Poi ti invaghisci di quel determinato gruppo degli anni sessanta e scopri che molte cose vengono dal Blues e dal Soul, e via ancora a scavare. All’incirca è andata così. 
Parte di una scena non saprei, sicuramente tra Bergamo, Brescia e Milano c’è un bel fermento, gruppi più o meno interessanti e ottimi locali, tutta gente che come noi ha voglia di sbattersi e ha la stessa nostra
vocazione.

Il vostro repertorio come viene selezionato, quali sono le vostre fonti?
Andrea: Se intendi il repertorio live semplicemente facciamo i pezzi che secondo noi sono più validi e che ci divertono di più, se invece intendi le influenze direi che sono abbastanza variegate, non mi pongo mai limiti a priori, diciamo che i limiti si autodefiniscono all’interno dei miei gusti. Ascolto tanto e tanta roba diversa, poi cerco di rielaborare a modo mio.

..continua sul n°88 di Jamboree Magazine.