lunedì 30 giugno 2014

ANGELI SELVAGGI

Carissimi lettori,
oggi vi offriamo un'anteprima dell'articolo a cura di Manuel Cavenaghi che appare sul n° 85 della nostra rivista  che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.com 


La golden age del cinema biker americano

 
Due ruote, il simbolo della libertà per eccellenza: quello in moto è un viaggio senza parole, senza musica.

Compagni di viaggio sono i paesaggi, le vibrazioni della strada e il suono del motore. 

Se pensiamo a come il cinema abbia descritto la poetica del “born to be wild”, il titolo immediatamente evocato è Easy Rider (1969). 

Il film diretto da Dennis Hopper, però, rappresenta un’anomalia nel filone qui analizzato: non ci occupiamo infatti di “road movies”, né, più in generale, di “bike movies”, ma di “biker movies”. 

Una differenza che sembra piccola, ma è enorme. 

Di moto è piena la storia del cinema, mentre i protagonisti di quella che è stata codificata come “bikexploitation” non sono i mezzi, ma i motociclisti: tra la fine degli anni Sessanta e i primi Settanta, i centauri violenti e barbuti diventano icone di quel cinema selvaggio e oltraggioso che stava facendo la fortuna dei drive-in americani. 

Prima ancora che il cinema possa fare la sua parte, è grazie alla stampa che parole come “biker” e “Hell’s Angel” diventano di pubblico dominio e associate immediatamente al concetto di teppista. 

Il primo momento in cui i biker illegali riempiono le cronache è per la Festa dell’Indipendenza americana del 1947. 

Sul numero del 21 luglio di Life Magazine, a pagina 31, appare questo breve articolo: “Nel fine settimana del quattro luglio, 4000 membri di un club motociclistico sono arrivati rombando a Hollister, California, per una convention di tre giorni. 

Si sono stancati in fretta dell’eccitazione che danno normalmente le motociclette e hanno iniziato a compiere evoluzioni più eccitanti. 

Sfrecciando con i loro veicoli nella via principale e tra i semafori, si sono infilati dentro ristoranti e bar, rompendo vetrine e arredamenti. 

Alcuni si sono poi messi a dormire sui marciapiedi, altri erano inarrestabili. 

La polizia ne ha arrestati molti per ubriachezza e atti osceni, ma non è riuscita a ristabilire l’ordine. 

Infine, dopo due giorni, i motociclisti se ne sono andati via dando una spiegazione strafottente: Ci piace metterci in mostra, è proprio divertente!”. 

La storia di Hollister tocca l’opinione pubblica e negli anni successivi l’attenzione della stampa verso i biker non verrà certo meno, tanto che nel 1951 lo scrittore Frank Rooney pubblica su Harper’s Magazine il racconto The Cyclist’s Raid ispirato ai fatti del 1947.

Una storia del genere non poteva non ispirare un film, tanto più che, negli anni Cinquanta, stavano proliferando i drive-in e, con questi, la richiesta da parte del pubblico giovane - il principale fruitore di questo tipo di intrattenimento - di storie adrenaliniche, divertenti, piccanti o violente. 

Il selvaggio (The Wild One, 1953) di Laslo Benedek, che romanza l’invasione di Hollister, è uno shock: mostra, per la prima volta sullo schermo, bande di ragazzi annoiati da una vita convenzionale che nel weekend si trasformano in pericolosi teppisti. Marlon Brando, a cavallo della Triumph Thunderbird, con berretto, occhiali Ray-Ban, Levi’s risvoltati e giubbotto di pelle con la scritta “Black Rebel Motorcycle Club” diventa l’icona dei motociclisti e, più in generale, dei giovani ribelli. 

Pur essendo una prima prova generale per il genere affrontato in questo libro, il film delinea già perfettamente il carattere dei protagonisti di queste pellicole, incarnati nei due leader rivali del film di Benedek: da una parte Brando, lo sbruffone che maschera dietro la sua arroganza il mal di vivere e la mancanza degli affetti, dall’altra Lee Marvin, il violento, sporco e ubriacone, la vera feccia della società, che non si fa scrupoli nel compiere reali crimini. 
Nonostante l’attenzione dello spettatore attuale sia rivolta verso le moto, tantissime e impiegate per mettere a segno sbruffonate da bulletto di periferia, per la sensibilità di allora furono le violenze – che oggi ci paiono davvero all’acqua di rose – e catalizzare tutta l’attenzione. 

Il film, anche grazie a problemi con la censura, ha un enorme successo, ma i prodotti che nascono sulla sua scia privilegiano solo la tematica della delinquenza di per sé, facendo a meno del cotè motociclistico. 

Dopo Il selvaggio non fiorisce quindi una produzione di film dedicati alle due ruote, ma spuntano come funghi ritratti di “ribelli senza causa” che di lì a poco troveranno espressione ideale in James Dean e nella sua passione per le auto truccate.



giovedì 5 giugno 2014

LA DISCOGRAFIA DI NICOLA ARIGLIANO

Cari lettori, una anticipazione dell'articolo a puntate "LA DISCOGRAFIA DI NICOLA ARIGLIANO" che viene pubblicato sul n° 85 di "Jamboree Magazine" che potete richiedere collegandovi a 
www.jamboreemagazine.com

Tra gli interpreti che hanno saputo connotare il proprio repertorio con scelte di qualità è giusto annoverare Nicola Arigliano, grandissimo interprete jazz al quale va riconosciuta una seppur modesta attività cantautorale
Ci è sembrato pertanto giusto, forse addirittura doveroso, iniziare con lui un progetto molto ambizioso, ovvero la ricostruzione del percorso discografico di un artista, nella fattispecie un cantautore, di volta in volta diverso, redigendone la discografia italiana ed estera in vinile (e bachelite, per i dischi a 78/80 giri). 

L’elenco, pertanto, non comprenderà cassette audio/video, compact disc, DVD, anche se inedite su vinile.

Tra i possibili impianti organizzativi, la scelta è caduta su quello cronologico, un po’ per il fascino che il materiale di epoca remota ha sul collezionista, un po’ perché si ritiene che così facendo si evidenzi l’aspetto evolutivo, che nei grandi artisti non manca mai. 

Conseguentemente, i supporti discografici (78 giri, 45 giri, EP, LP ed eventuali altri) verranno indicati in corrispondenza di ciascun disco e può accadere che supporti diversi, talvolta per gli stessi titoli, coesistano.

La selezione dei dischi, o meglio il criterio di esclusione, è come sempre una scelta dolorosa: si vorrebbe riportare tutto ciò che si possiede, o si conosce, e ci si scontra con esigenze di spazio e, spesso, anche con oggetti di scarso interesse che appesantiscono la trattazione con poco valore aggiunto. 




Per questo motivo si è deciso di non elencare le ristampe, ma solo gli originali, a meno che le prime non rivestano uno specifico interesse musicale, più che iconografico. 

Nel caso di miscellanee (le cosiddette compilation) che spesso contengono un solo brano dell’artista o poco più, ci si limita a quelle coeve all’uscita su altro supporto dei brani contenuti.

Gli autori, se conosciuti, sono riportati tra parentesi dopo ogni titolo, con precedenza ai titolari della parte letteraria, e vengono riportati solo la prima volta in cui il brano appare in elenco, a meno che non si tratti di versioni differenti (come per dischi dal vivo, riedizioni su altra etichetta e così via). 

Salvo eccezioni rilevanti, anche per la discografia straniera (in lingua originale) gli autori verranno omessi, così da alleggerire ulteriormente l’elencazione.
 
La datazione è stata desunta prevalentemente dalla data matrice di ogni singolo brano o disco, nel qual caso è indicata con giorno/mese/anno. 

Quando questa non è disponibile si fa riferimento a copertina, etichetta, cataloghi, eventi di particolare rilevanza e altre fonti attendibili.

Si ha coscienza che la completezza della trattazione sia un miraggio, un asintoto, una sorta di moderna araba fenice che tuttavia non manca di affascinare gli appassionati. 




È a costoro che ci si rivolge con il pragmatismo del gioco di squadra, consapevoli della possibilità concreta che si possa tendere a cataloghi via via più completi solo con il contributo altrui, iniziando dai lettori: da loro ci aspettiamo commenti, critiche, aggiunte che verranno vagliate, documentate con scrupolo e tenute in debito conto in occasione di aggiornamenti o di nuove stesure

1956
Nicola Arigliano e i 4 “posteggiatori”
 ¯Zitto zitto zitto (Romeo)
Tazza e’ caffè (Fassone-Capaldo)
78 giri RCA A25P-0018

Nicola Arigliano e i 4 “posteggiatori”
Spatella ‘argiento (Vento-Moscarella-Albano) 
Scetate (F. Russo-M. Costa)
78 giri RCA A25P-0019

1957
Nicola Arigliano e i 4 “posteggiatori”
 ¯Maruzzella (Bonagura-Carosone)
‘E spingole francese (S. Di Giacomo-De Leva)
78 giri RCA A25V-0287

Gerardo e il suo Complesso 
canta Nicola Arigliano
Unchained Melody (Senza catene)* (H. Zaret-A. North) 
La regina delle piramidi * (Calibi-Tiomkin)
78 giri RCA A25V-0437
*dal film omonimo

Gerardo e il suo Complesso 
canta Nicola Arigliano
 ¯L’amore è una cosa meravigliosa (Fain-Webster-Devilli)
Cancao do mar (de Brito-Trindade)
78 giri RCA Italiana A25V-0461

Gerardo e il suo Complesso
 ¯‘O ‘nfinfero (L. Cioffi-G. Cioffi)
Songo americano* (Ivar-Gelmini)
78 giri RCA Italiana A25V-0463
*canta Nicola Arigliano

Tandem Rauchi - Pizzigoni
 Che c’è Concè¯Rock and Roll a Margellina (Mascia-Pizzigoni)  (Mascia-Morghen)
78 giri Fonit 15527
canta Nicola Arigliano

Tandem Rauchi - Pizzigoni
 ¯Penita contigo (Bullumba-Landestoy)
Pobre Luna (B. Capo)
78 giri Fonit 15608; 4/1957
canta Nicola Arigliano

Tandem Rauchi - Pizzigoni
 ¯Sixteen Tons (Travis)
‘Na canzone pe’ ffa ammore (Rascel)
78 giri Fonit 15609; 4/1957
canta Nicola Arigliano

Tandem Rauchi - Pizzigoni
Lisbona Antica (Romantica città)* (Portela) 
Ho perso le maracas** (Pizzigoni)
78 giri Fonit 15722; 6/1957
*dal film “Lisbon”
**canta Nicola Arigliano

...continua sul n°85 di Jamboree Magazine