sabato 30 gennaio 2016

Lemmy & Bowie: in memoria di due grandi musicisti

Carissimi lettori,

oggi vi offriamo un'anteprima dell'articolo a cura di Luca Selvini  che appare sul n° 90 della nostra rivista  che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.it


A soli pochi giorni di distanza due gravi lutti nel mondo musicale ci hanno investito: il 28 dicembre 2015 ci lasciava Lemmy, indimenticato leader dei Mötorhead e icona dell’heavy metal, mentre il 10 gennaio scorso è scomparso David Bowie, camaleontico artista che ha saputo interpretare con gusto personale diversi generi nel corso della sua carriera. Pur diversissimi e in antitesi nel modo di proporsi e proporre la loro musica, i due hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia: il primo orientato verso la “conservazione” del rock più sanguigno e crudo, primitivo e per certi versi immutabile nel tempo, mentre il secondo molto incline alla sperimentazione e al costante rinnovamento, con un occhio rivolto al futuro.
Questa che segue è una panoramica dettagliata sugli esordi di questi due personaggi, che getta luce sul loro percorso artistico attraverso gli anni sessanta, nello spirito appunto di Jamboree.

LEMMY, IL RIBELLE DEL ROCK’N’ROLL

Il protagonista della nostra prima storia nasce la vigilia di Natale del 1945 in un paese chiamato Stoke-on-Trent nell’Inghilterra del Nord- Ovest, battezzato come Ian Frazer Kilmister; suo padre è un ex cappellano militare che dopo pochi mesi dalla nascita del piccolo abbandona la famiglia, che è costretta così a fare vari spostamenti fino a quando si stabilisce provvisoriamente a Madeley; quando Ian compie dieci anni sua madre si risposa con un altro uomo, George Willis, adottandone il cognome per sé e per il figlio e dopo un ulteriore trasloco i Willis vanno ad abitare in una fattoria nell’isola di Anglesey, davanti alle coste del Galles; ed è proprio nei giorni della scuola che Ian, unico inglese in mezzo a tantissimi gallesi comincia ad essere soprannominato dai compagni con il nome di Lemmy. Dotato di un carattere ribelle e avventuroso, verso i tredici anni, affascinato dal Rock’n’Roll impara a suonare la chitarra, più che altro per fare colpo sulle ragazzine, poi dopo aver abbandonato la scuola e iniziato a lavorare in una fabbrica si sposta di nuovo con la famiglia a Conwy e a quindici anni inizia a suonare occasionalmente alle feste e ai compleanni con alcuni compagni finché incontra due ragazzi, un batterista di nome Maldwyn Hughes e un bravo chitarrista chiamato Dave con cui forma il suo primo gruppo, The Sundowners, in seguito ribattezzati col nome di DeeJays a cui si aggiungono ben presto Brian Groves alla voce solista e un bassista di nome John. Poco tempo dopo Ian, sempre col cognome Willis, si aggrega per poco ad un’altra band locale, The Sapphires, di cui si hanno scarse notizie poi nel 1962, stufo di stare in fabbrica e di abitare nel Galles, inizia a vagabondare col sacco a pelo e la chitarra in spalla tra Blackpool e Liverpool, e dopo aver assistito ad un concerto dei Beatles al Cavern, che lo ha letteralmente “fulminato”, si stabilisce definitivamente a Manchester ed entra a far parte del suo primo complesso come professionista, molto apprezzato nella zona per le ottime cover dei successi del momento e con parecchie serate all’attivo. Originariamente questa formazione era un trio conosciuto col nome di Rave-ons composto da Les Jones alla chitarra solista, Dave “Robin” MacDonald al basso e Dave Buckley alla batteria, ma che al tempo in cui Ian si unisce a loro in qualità di chitarrista ritmico e cantante diventa The Rainmakers, a seguito dello scioglimento di un gruppo omonimo della città in cui militava un amico comune, scelta dettata dal fatto che il nome piaceva a tutti quanti. Con loro però l’irrequieto ragazzo rimane pochi mesi e sempre nel 1962 entra a far parte dei Motown Sect, un’ottima band di R&B formata da Stewart Steele alla chitarra solista, Les Standing al basso (poi rimpiazzato da un certo Glyn) e dal batterista Deve Semple, anche lui successivamente sostituito da Kevin Smith.
I Motown Sect nel giro di un paio d’anni si fanno notare oltre che per la durezza dei brani da loro eseguiti, un po’nello stile dei Pretty Things, anche per la lunghezza dei capelli di Ian Willis, decisamente fuori dalla media e per i suoi atteggiamenti anti-conformisti e smodati, soprattutto per quanto riguarda i rapporti sessuali con svariate ragazze e le pasticche di anfetamina, delle quali è già un avvezzo consumatore. Nel 1965, dopo aver visto un concerto dei concittadini Rocking Vickers riesce a persuadere i componenti di quel gruppo a farsi assumere come chitarrista solista, nonostante egli non avesse grande esperienza in quel ruolo; anni dopo lo stesso Lemmy ammetterà che per sorprendere il pubblico e i suoi nuovi compagni faceva molta scena per supplire alle sue carenze tecniche, alzando i volumi, usando molto feedback e sfondando l’amplificatore col manico della sua chitarra. Questa band era nata a Blackpool nel 1963 col nome completo di Reverend Black & The Rocking Vicars, ed era composta da Harry Feney (voce), Alex Hamilton (chitarra), Peter Moorehouse (basso) e Cyril “Ciggy” Shaw (batteria); nel 1964 con l’aggiunta di un secondo chitarrista di nome Ken Hardacre si stabilisce a Manchester perfezionando il proprio modo di presentarsi sul palco, i ragazzi infatti iniziano a vestirsi da prete durante i concerti, col bassista che invece indossa abiti da scolaretto e pantaloncini corti, e tutto ciò una buona dozzina di anni prima che Angus Young degli AC/DC ne facesse il suo marchio di fabbrica! Dopo alcuni inevitabili cambi di organico (Nicholas Gribbon al posto di Hardacre, Ian Holdbrook in sostituzione di Hamilton e Stephen Morris invece del bassista Moorehouse), la band abbrevia il proprio nome e trasforma la parola “Vicars” in “Vickers” per evitare eventuali proteste religiose, dopodiché firma per la Decca e pubblica il suo primo singolo sempre nel ’64: I Go Ape/Someone Like You, e nel 1965 prosegue la sua intensa attività dal vivo arrivando persino a suonare in Yugoslavia (la leggenda dice che lo stesso premier Tito dopo un loro concerto andò a stringere la mano ai ragazzi). In giugno il gruppo va in tour in Finlandia, dove ottiene un’enorme popolarità e i fans del posto accolgono i musicisti con grande entusiasmo, tanto che essi d’ora in avanti iniziano a farsi fotografare vestiti coi costumi tradizionali del popolo Sami. Nella terra delle renne esce un secondo 45 giri sempre su Decca ma solo per il mercato locale: Zing! Went the Strings of My Heart/Stella, dove il lato A è una vibrante cover dei Move, mentre il retro è una canzone in puro stile Merseybeat; questo disco verrà poi ristampato in Inghilterra e Irlanda l’anno dopo. Quando Gribbon e Holdbrook abbandonano, Ian Willis entra nel gruppo che a questo punto diventa un quartetto in pianta stabile e lascia Manchester per trasferirsi a Londra, qui nel marzo del 1966 i Rocking Vickers cambiano etichetta, passano alla CBS e incidono il nuovo singolo, pubblicato nello stesso mese, che comprende il brano di Pete Townshend It's Alright, (praticamente è lo stesso riff di The Kids Are Allright), e che vede sul lato opposto Stay By Me; entrambi i brani mostrano lo stile chitarristico di Lemmy, nervoso e ancora acerbo ma personalissimo; in novembre poi esce l’ultimo 45 giri intitolato Dandy/ I Don't Need Your Kind, la prima è una azzeccata versione di un pezzo dei Kinks di Ray Davies, un po’ più grezza rispetto all’originale, e il secondo è un robusto pezzo di hard beat con la graffiante chitarra di Lemmy in bella evidenza.
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  GLI ESORDI DEL DUCA BIANCO

David Bowie, geniale e poliedrico artista, nasce con il nome di David Robert Jones nel quartiere londinese di Brixton l’8 gennaio del 1947 e sin dalla tenera età rimane attratto dalla musica; suo padre suonava la tromba mentre la madre era pianista e cantante. Nel 1958 impara a suonare l’ukulele e il sassofono mentre nel ‘61 viene invitato dal suo amico George Underwood ad entrare nei Kon-Rads col ruolo di sassofonista – gli altri erano i chitarristi Neville Wills e Alan Dodds, Dave Crook alla batteria e Rocky Shahan al basso. Dopo alcuni cambi di formazione (il cantante Roger Ferris al posto di Underwood e Dave Hadfield in sostituzione di Crook), nel 1962 David, con lo pseudonimo di Dave Jay diventa il cantante ufficiale a seguito di un pestaggio subito da Ferris da parte di alcuni teppisti che lo costringono all’inattività per diverso tempo. Jones, ripreso il suo vero cognome più avanti abbandona la band che non voleva seguirlo nella sua proposta di spostare il repertorio verso il R&B e l’anno successivo ritrova George Underwood con cui forma il trio Hooker Brothers assieme al batterista Viv Andrews; il gruppo ha però vita breve e solo dopo pochi concerti Andrews se ne va e gli altri due gettano le basi per una nuova formazione battezzata King Bees con Roger Bluck, Dave Howard e Bob Allen, rispettivamente alla chitarra, basso e batteria. Con loro Jones contatta il manager Leslie Conn, il quale riesce a spuntare per i suoi assistiti un contratto discografico con la Decca che frutta agli inizi del 1964 il singolo Liza Jane/ Louie, Go Home, disco uscito a nome Davie Jones & The King Bees. Lo scarso successo però manda tutti allo sbando e nell’agosto dello stesso anno Conn introduce Jones in una numerosa band di R&B chiamata The Manish Boys, nome derivato da una canzone di Muddy Waters, i cui componenti erano Johnny Flux, Paul Rodriguez, Woolf Byrne, Johnny Watson, Mick White e Bob Solly, coi quali David il 6 ottobre registra alcuni demo ai Regent Sound Studios; il cantante a questo punto, grazie alla sua travolgente personalità e al suo aspetto stravagante (porta i capelli biondi incredibilmente lunghi per l’epoca), assume la leadership dei Manish Boys che nel marzo del 1965 pubblicano un 45 giri per la Parlophone con la produzione di Shel Talmy: I Pity the Fool/Take My Tip dove il lato B è la prima canzone scritta da Jones; il disco però vende poco e oggi è ricercatissimo dai collezionisti. 
Intanto all’interno del gruppo ci sono continue tensioni tra il cantante e gli altri; una volta i musicisti vengono cacciati da un programma televisivo per via della lunghezza dei capelli del loro leader e così in seguito ad un litigio, Jones dopo aver acconsentito ad accorciarsi la chioma, in primavera lascia i compagni e si unisce ai Lower Third, un complesso fondato nel 1963 che veniva da Margate e comprendeva Denis Taylor alla chitarra, Graham Rivens al basso e Les Mighall alla batteria (sostituito poi da Phil Lancaster); appena arrivato il cantante impone subito le sue idee poi cambia manager assumendo Ralph Horton, costui come prima mossa fa tagliare loro i capelli secondo un’acconciatura in stile “mod” e li fa vestire con camicie di raso e abiti di Carnaby Street; successivamente tra il mese di agosto di quell’anno e il gennaio del 1966 i Lower Third pubblicano un paio di singoli che ottengono una certa notorietà: You've Got a Habit of Leaving/Baby Loves That Way, uscito ancora su Parlophone e Can't Help Thinking About Me/And I Say to Myself, edito questa volta dalla Pye; queste sono tutte composizioni originali di Jones che denotano già un certo stile personale anche se i brani sono debitori di un suono a metà tra pop e “mod-beat” simile a gruppi come Who, Beatles, Herman’s Hermits e Kinks. Accade però che in questo periodo la stampa e le agenzie pubblicitarie focalizzano l’attenzione su David, considerandolo a tutti gli effetti come “il capo” della band e agli inizi di febbraio del ‘66 la frattura con gli altri è
inevitabile: l’eclettico cantante si separa da loro, viene contattato dal manager Ken Pitt, già famoso per aver sotto contratto i Manfred Mann e si mette in cerca di altri musicisti disposti ad accompagnarlo; nascono così i Buzz, formazione composta da John Hutchinson (chitarra), Derek Fearnley (basso), John Eager (batteria) e Derek Boyes (piano e organo); nel frattempo su suggerimento di qualcuno, Jones ha anche cambiato il proprio cognome in quello di Bowie, per non essere confuso col ben più famoso Davy Jones dei Monkees.

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sabato 9 gennaio 2016

WERA NEPY

Carissimi lettori,

oggi vi offriamo un'anteprima dell'articolo a cura di  Augusto Morini  che appare sul n° 89 della nostra rivista  che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.it 



Nata a Milano il 15 agosto 1931, Vera Nepy viene ben presto indirizzata dal padre Alceo, cantante di musica leggera alla radio, verso la musica lirica ma gli interessi della ragazza sono rivolti al canto ‘leggero’, passione che coltiva fino a che, nel 1945, ha occasione di debuttare al night ’Birra Italia’, situato nella Galleria Vittorio Emanuele di Milano.

Dal 1947 coglie l’occasione di inserirsi nel circuito del teatro di rivista partecipando come comparsa alla rivista ‘Simpatia’, con Walter Chiari e Marisa Maresca. 

A questa faranno poi seguito altre piccole presenze, come soubrette e cantante, in lavori teatrali delle compagnie di Renato Rascel e Nuto Navarrini. 

Successivamente si fa le ossa lavorando per diverso tempo come cantante da orchestra, cosa che la porta anche a viaggiare ed esibirsi all’estero, in particolare in Spagna e Portogallo.

Decisa a sviluppare una vera e propria carriera di cantante
solista, grazie all’incontro col Maestro Cosimo di Ceglie entra in contatto con l’etichetta Carisch con la quale in breve firma un contratto.

Fra agosto e settembre del 1958 le prime uscite sono due singoli su Parlophon, etichetta di origine inglese distribuita in Italia dalla già citata Carisch, ma quasi subito la cantante passa alla più importante etichetta ‘madre’ col 45 giri
contenente Diana, cover del primo grande successo del suo autore canadese Paul Anka, accoppiata a Al chiar di luna porto fortuna, titolo vincente del ‘1° Torneo della Canzone di Pesaro’, svoltosi durante l’estate. 

In entrambi la cantante, dalla voce calda e sensuale e con una presenza molto ‘glamour’, è accompagnata dal complesso de ‘I Diabolici’, che poi sarà presente in diversi altri suoi singoli.


Discografia
78 giri
Diana/Al chiar di luna porto fortuna
Carisch 1078 Ca  (9.1958)

45 giri
Resta cu' mme/Strada 'nfosa
Parlophon/Carisch QMSP 16157 (8.1958)
Non lasciarmi/Simpatica
Parlophon/Carisch QMSP 16186 (9.1958)
Uli-Uli… e/Va, musica d'amore
Parlophon/Carisch QMSP 16196 (12.1958)
Diana/Al chiar di luna porto fortuna 
(con I Diabolici)
Carisch VCA 26024  (9.1958)
You are my destiny/Verlaine 
(con I Diabolici)
Carisch VCA 26030 (12.1958)
Al chiar di luna porto fortuna/Verlaine (con I Diabolici)
Carisch VCA 26035 (1.1959)
Non so difendermi/L'ultimo bacio
Carisch VCA 26037 (1.1959)
Chiamami autunno/Odio il tuo nome
Carisch VCA 26038 (1.1959)
Nessuno/Sempre con te
Carisch VCA 26042  (3.1959)
Amore misterioso/Solo i tuoi baci
Carisch VCA 26043  (3.1959)
Cantando con le lacrime agli occhi/
Serenata celeste
Carisch VCA 26054  (4.1959)
Ladro di baci/Dal principio alla fine
Carisch VCA 26061  (5.1959)
Ladro di baci (disco flexi) 
Red Record/Il Musichiere 20013 (6.1959)
'O destino 'e ll'ate/Vieneme 'nzuonno
Carisch VCA 26063  (7.1959)
Primma e doppo/Primma 'e partì
Carisch VCA 26064  (7.1959)
Cerasella/Passiuncella
Carisch VCA 26065  (7.1959)