lunedì 29 settembre 2014

Marilyn & Buddy

Carissimi lettori,
oggi vi offriamo un'anteprima dell'articolo che appare sul n° 86 della nostra rivista che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.com

Rubrica 'Vintage & Style' di Silvia Ragni



Marilyn Monroe e Buddy Holly, due star ma non solo: due miti, due icone accompagnate da un’aura immortale che li rende leggendari protagonisti del nostro tempo.

Accomunati da un enorme successo scaturito dall’unicità, dall’allure carismatica dei loro personaggi, condividono anche il destino di una morte precoce che li introdusse a titolo perenne nell’immaginario collettivo.

A Marilyn e Buddy Holly il “Summer Jamboree” ha dedicato una mostra, allestita nella suggestiva cornice della Rocca Roveresca, visitabile fino allo scorso 31 agosto: Marilyn in white e Buddy Holly, the day the music died, a cura dell’Associazione Culturale Summer Jamboree e della Galleria d’Arte Contemporanea ONO Arte di Bologna, hanno celebrato in un esaustivo percorso fotografico i più significativi segmenti di vita dei due divi, esaltandone il fascino irripetibile e senza tempo.
 
E’ il 1954  quando viene realizzato il celebre shooting di “Quando la moglie è in vacanza”: indossando il candido abito plissè creato da William Travilla che la consegnerà alla storia, Marilyn - che nel film di Billy Wilder interpreta il ruolo di colei che viene semplicemente chiamata ‘la ragazza’ - sosta su una grata della metropolitana newyorkese in cerca di refrigerio dall’afa estiva mentre la corrente d’aria provocata dal passaggio di un treno le solleva la gonna fino a scoprirle completamente le gambe.

                                                       Quella memorabile scena, che contribuirà a rendere immortale una pellicola considerata dall’American Film Institute una delle commedie migliori di tutti i tempi, tramuta la Monroe in oggetto del desiderio e icona.

Il personaggio che interpreta sembra esserle cucito addosso: la ragazza californiana bella e un po’ svampita che approda nella Grande Mela alla ricerca di successo come fotomodella, poi come attrice, è quasi un suo ritratto speculare......
                                      


“The day the music died” è l’espressione con cui viene comunemente ricordato il tragico giorno che segnò la fine della vita di Buddy Holly, allora non ancora ventitreenne ma già applauditissimo astro del rock’n roll.

Nato in Texas il 7 settembre del 1936, Charles Hardin Holley è uno dei primi musicisti dell’epoca a scrivere e a produrre personalmente le proprie canzoni.

Decide di darsi al rock‘n roll dopo un breve trascorso nel country quando vede Elvis Presley esibirsi live: ne rimane folgorato, e da quel momento inizia a registrare sia come solista che come leader dei The Crickets, per i quali nel 1957 compone l’hit “That’ll be the day”. Ma è con Peggy Sue che scala le vette delle classifiche, raggiungendo una fama pari a quella di Elvis stesso.

Ad appena venti anni, Buddy Holly ha un contratto con la Decca in tasca ed un successo che, di lì a poco, diverrà planetario.

That’ll be the day si posiziona infatti al primo posto nelle charts dei 45 giri nel Regno Unito e Buddy definisce quella che diventerà la formazione standard di una rock’n roll band, vale a dire due chitarre, basso e batteria.

In seguito al matrimonio con Maria Elena Santiago, nel 1958 si trasferisce a New York  dove registra alcuni brani acustici come “Crying, waiting, hoping” e “What to do”, tentando inoltre la strada del cinema.

L’aria giocosa da liceale sorridente, il fascino fanciullesco della sua voce e l’atteggiamento accattivante fanno sì che Buddy sia amatissimo dal pubblico e consolidano il suo ruolo di precursore che influenzerà, negli anni a venire, top names del panorama musicale del calibro dei Beatles e dei Rolling Stones.

Per contro, i suoi detrattori gli rimproverano di aver dato inizio al declino del rock’n roll puro a causa della struttura pop che adotta, decisamente lontana dall’impronta di matrice blues da cui è caratterizzato il genere musicale che lo ha portato al successo. 


...continua sul n°86 di Jamboree Magazine

 









lunedì 22 settembre 2014

SANTINO ROCCHETTI


Carissimi Lettori, 

Domenica prossima presso l'Agriturismo Cà Versa, si svolgerà il terzo incontro Beat 
con la presenza di un protagonista dei complessi musicali degli anni '60, ovvero:
Santino Rocchetti de "I ROKKETTI"




Riportiamo alcuni momenti della carriera di Santino:  (da wikipedia)   



Sante Rocchetti noto con il nome d'arte Santino Rocchetti (Montalto di Castro, 13 luglio 1946) 
è un cantautore italiano.

Dotato di una voce roca molto adatta al rhythm 'n' blues, inizia l'attività negli anni sessanta, 
formando un complesso beat con i fratelli, "i Rokketti", con cui incide per la CDB, la CBS e la ARC.





Sciolto il gruppo per via del servizio militare di alcuni componenti, entra nel gruppo che accompagna Nino Ferrer, partecipando all'incisione dell'album "Rats and roll's", e nei 4+4 di Nora Orlandi nel 1970; nello stesso periodo fa parte del cast dell'opera rock Orfeo 9 di Tito Schipa Jr., partecipando anche alla realizzazione del disco e duettando, nella canzone "Vieni sole", con Loredana Bertè.



              Nel 1972 entra nel complesso "I Gatti Rossi",   incidendo un 45 giri per la Philips con una canzone, "E dire che a maggio", scritta da Mauro Pelosi..

Successivamente a quest'esperienza inizia l'attività come cantante solista firmando con la Fonit Cetra ed ottenendo un buon successo nel 1975 con "Pelle di sole", con cui partecipa a Un disco per l'estate.


 L'anno successivo partecipa al Festival di Sanremo 1976 con  "E tu mi manchi", e nel 1977 nuovamente al Festival di Sanremo con "Dedicato a te" e al Festivalbar con "I miei giorni felici", cover di un successo del 1968 di Wess (a sua volta cover di 
Chapel of dreams).



Nel 33 giri " Dedicato" è inserita una bella cover di "Over the rainbow".

Torna nuovamente al Festival di Sanremo1978 con "Armonia e poesia".

Tra gli altri suoi successi ci sono "Dolcemente bambina""Mia""Amado mio" e "Divina".

Negli anni novanta riforma, con altri componenti, i Rokketti, esibendosi in locali e sale da ballo in tutta Italia.

Visitate anche www.jamboreemagazine.com per maggiori informazioni sulla rivista e periodici pubblicati. 

lunedì 8 settembre 2014

AUDREY HEPBURN

Carissimi lettori,

In attesa delle anticipazioni del n.86 di "Jamboree Magazine" di prossima uscita, pubblichiamo parte dell'articolo di Agostino Bono dal n. 67 ottobre-dicembre 2009
  
Lost Stars of Hollywood 

 
Una bellezza angelica, con un’eleganza ed una raffinatezza innate.

Vestiva meravigliosamente e le sue maniere da nobildonna la rendevano unica, dentro e fuori dallo schermo.

Era un attrice meravigliosa e, al tempo stesso, riservata che difficilmente amava parlare di se, nonostante i successi conseguiti.

Verso la fine della sua carriera, intraprese una missione: quella di portare le sofferenze di migliaia di bambini poveri e malati  all’attenzione del mondo.

Viaggiò, come ambasciatrice dell’Unicef, ovunque vi fosse un bambino malato, facendosi portavoce dei suoi problemi presso le Nazioni Unite.

Nel 1992, il Presidente degli Stati Uniti, George Bush, le conferì la Presidential Medal Of Freedom, un riconoscimento alla sua incessante attività umanitaria in giro per il pianeta.

 
Nacque il 4 maggio 1929 a Bruxelles, come Audrey Kathleen Ruston, dall’inglese Joseph Anthony Ruston e dalla baronessa olandese Ella Van Heemsttra.

La professione del padre, alto dirigente della Bank of England, comportò frequenti spostamenti per la famiglia, tra Olanda, Belgio e Gran Bretagna.

Nel 1935, i genitori divorziarono ed il padre, un simpatizzante nazista, lasciò la famiglia.

Per Audrey, molto legata al padre, furono anni molto difficili.

Anni dopo lo ritrovò a Dublino, grazie all’aiuto della Croce Rossa, e lo supportò economicamente fino alla fine dei suoi giorni.

Visse in Olanda durante la Seconda Guerra Mondiale, frequentando lezioni di danza e lavorando attivamente per la Resistenza.

Nel 1948, si trasferì a Londra con la madre, dove continuò a coltivare la passione per il ballo, prendendo lezioni da Marie Rambert.

La celebre insegnante le fece capire che, a causa dell’altezza e della malnutrizione sofferta durante la Guerra, le possibilità di diventare una ballerina di successo erano praticamente nulle.

La madre svolgeva lavori umili che non le consentivano di guadagnare tanto e, quindi, Audrey fu costretta a trovare un’altra fonte di sostentamento. Fu così che iniziò a recitare, iniziando un percorso artistico di assoluto rilievo.

Il suo primo film fu un documentario, “L’olandese in sette lezioni”, di Charles Huguenot Van der Linden.

Si alternò, quindi, per un paio di anni tra cinema e teatro, dove fu protagonista in una serie di musical di seconda fascia.

I primi ruoli furono tutt’altro che memorabili ma nel 1951, durante le riprese di Montecarlo Baby (Jean Boyer), incontrò la scrittrice Colette che la scelse per la versione teatrale del suo romanzo, Gigi.

Il debutto a Broadway avvenne il 24 novembre 1951.

La pièce riscosse un successo inaspettato e la prova dell’attrice fu superlativa, tanto che i pubblicitari decisero di cambiare l’insegna luminosa del Fulton Theatre di Broadway da “Gigi con Audrey Hepburn” a “Audrey Hepburn in Gigi”.

Secret People (Thorold Dickinson, 1952), accanto a Valentina Cortese, fu il primo film importante e l’ultimo girato in Europa, prima del trasferimento ad Hollywood.

Esordì in una delle commedie più famose della storia, Vacanze Romane (1953), diretta da William Wyler e co-interpretata da Gregory Peck.

Il ruolo della principessa, in visita nella Città Eterna, che si ribella contro le restrizioni del suo status per vivere una romantica avventura di ventiquattro ore,  ricevette un’accoglienza calorosa dal pubblico e attestati di stima dalla stampa specializzata.

Anche i giurati dell’Academy Award rimasero colpiti dalla performance della giovane debuttante e la premiarono con la statuetta, nella categoria miglior attrice protagonista, che quell’anno annoverava Ava Gardner, Leslie Caron, Deborah Kerr e Maggie Mc Namara.
 
Due leggende del grande schermo, Humphrey Bogart e William Holden, interpretarono i fratelli miliardari Larrabee, innamorati della figlia dell’autista di famiglia, Sabrina Fairchild (Audrey), nel film di Billy Wilder, Sabrina (1954).

L’attrice ricevette una nomination all’Oscar, ma la statuetta andò a Grace Kelly per La ragazza di Campagna (George Seaton, 1954), che, curiosamente, aveva anche, come protagonista maschile, William Holden.

Il guardaroba di Audrey venne curato dallo stilista francese Givenchy e, durante le riprese, iniziò, fra i due, un’amicizia ed una collaborazione professionale che sarebbero durate per anni.

Ormai artista affermata, collezionò una serie di ruoli importanti, diretta da alcuni dei registi migliori e accanto ad alcuni degli attori simbolo dell’epoca d’oro di Hollywood: Guerra e Pace (King Vidor, 1956), al fianco di Henry Fonda; Cenerentola a Parigi (Stanley Donen, 1957) che le fece coronare il sogno di danzare con Fred Astaire; Quelle Due (William Wyler, 1961), tratto dal testo teatrale di Lillian Hellman e co-interpretato da Shirley Mc Laine; Sciarada (Stanley Donen, 1963), finalmente in coppia con Cary Grant, dopo i rifiuti della celebre star inglese a recitare in Vacanze Romane e Sabrina; Insieme a Parigi (Richard Quine, 1964).



...continua su Jamboree Magazine n. 67 ottobre-dicembre 2009

in chiusura dell'articolo anche la filmografia completa.