giovedì 23 febbraio 2017

Gene Wilder

Carissimi lettori,

oggi vi offriamo un'anteprima dell'articolo a cura di  Agostino Bono  che appare sul n° 93 della nostra rivista e che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.it

Lost Stars of Hollywood - Gene Wilder  

Gene Wilder, uno dei più grandi talenti comici del cinema americano degli anni ‘70 ed ‘80, è morto lo scorso 29 agosto, a causa di complicazioni causate dall’Alzheimer.

Era stato colpito dalla malattia tre anni fa, ma non si era mai rassegnato ad essa e confidava nella guarigione.

Il suo nome di battesimo era Jerome Silberman ed era nato a Milwaukee, nel Wisconsin, l’undici giugno del 1933.

Sin da ragazzo mostrò interesse per la recitazione. Studiò teatro e cinema alla University of Iowa e, dopo la laurea, si trasferì in Inghilterra dove proseguì gli studi al Bristol Old Vic Theater.


Ritornato negli States, studiò ancora all’Herbert Berghof Studio sotto la direzione di Uta Hagen, attrice di origine tedesca, che divenne una leggenda in America come insegnante di recitazione. Lasciò l’istituto tre anni dopo per passare al celebre Actors Studio di Lee Strasberg.

Nel 1963, fece il suo debutto in teatro al fianco di Anne Bancroft in Mother Courage and her children.

L’attrice lo presentò all’allora suo fidanzato, Mel Brooks, con il quale avrebbe formato uno dei sodalizi artistici più celebri del cinema americano.

Nel 1967, comparve in una piccola parte nel film Gangsters Story, i cui protagonisti principali erano Faye Dunaway e Warren Beatty.



Il successo e la fama vennero l’anno dopo con il ruolo di Leo Bloom nel capolavoro di Mel Brooks, Per favore, non toccate le vecchiette. Il film gli valse una nomination agli Oscar come miglior attore non protagonista.

Nel 1971, fu protagonista in Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato. Il film, tratto dal celebre libro per bambini ‘Charlie and the Chocolate Factory’ di Roald Dahl, fu accolto tiepidamente al botteghino ma ebbe un notevole successo di critica ed è divenuto negli anni una sorta di cult.

L’anno dopo, Woody Allen gli affidò il ruolo del Dottor Ross in Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso* (*ma non avete mai osato chiedere). Il film ottenne incassi notevoli e, ad oggi, rimane uno dei film più conosciuti di Woody Allen





..continua sul n°93 di Jamboree Magazine compresa filmografia  



sabato 4 febbraio 2017

LORENZO PILAT (Pilade)

Carissimi lettori,

oggi vi offriamo un'anteprima dell'articolo a cura di  Augusto Morini  che appare sul n° 93 della nostra rivista e che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.it


Nato il 24 giugno 1938 a Trieste, Lorenzo Pilat cresce e studia nella città natìa, sviluppando un interesse per il canto che lo porta a cantare anche in chiesa. 

Verso il 1958, con l’arrivo del rock and roll si appassiona al nuovo genere e ai suoi primi grandi interpreti tra i quali, in particolare, Elvis Presley. 

All’inizio dei ’60 inizia ad esibirsi, accompagnandosi alla chitarra, in alcuni locali della città quali, ad esempio, la Birreria Dreher. 

Nel 1963 giunge a Milano, anche per avvicinarsi all’ambiente del più importante centro dell’industria musicale italiana. Qui entra in contatto col Clan Celentano e l’anno successivo pubblica, con lo pseudonimo Pilade, sul marchio Ciao!Ragazzi, il suo primo disco con ‘Ciao ciao ciao’, versione italiana di ‘Bye bye love’ degli Everly Brothers. 

Il disco è uno dei partecipanti alla prima edizione del Festivalbar, organizzato dal presentatore Vittorio Salvetti, un concorso basato sul numero di ascolti ottenuto da un certo numero di dischi distribuiti in 4000 juke-box sparsi per l’Italia. Ad ogni modo, essendo il Festivalbar una gara musicale tra le canzoni, il premio maggiore fu assegnato a Pilade, mentre a Bobby Solo spettò un premio speciale.

Mentre inizia a partecipare a spettacoli e tournée organizzate dal Clan, fra il 1965 e il 1966 pubblica, sempre su Ciao!Ragazzi, alcuni singoli con titoli rock come ‘Charlie Brown’ e ‘La mia ciccia’, canzone ispirata ‘Summertime blues’, un classico di Eddie Cochran. 

Sempre nel 1966 registra ‘Il ragazzo della via Gluck’ cantato con Ico Cerutti e Gino Santercole sotto il nome ‘Trio del Clan’, brano da loro presentato al festival di Sanremo di quell’anno in accompagnamento alla versione di Adriano Celentano. 

L’emozione gioca un brutto scherzo ai tre cantanti che durante la loro esibizione invertono l’ordine di esecuzione delle strofe, contribuendo così all’esclusione della canzone dalla serata finale della manifestazione canora.

Passato all’etichetta madre Clan, nuove incisioni di buon successo sono ‘La legge del menga’ (partecipante al Cantagiro 1967), ‘Non sono Frank Sinatra’, ‘Il re d’Inghilterra’, presentato ancora a Sanremo nel 1968 in coppia con Nino Ferrer, e ‘Un po’ di vino’, cantato in coppia con Celentano. Dopo qualche altro 45 giri nel 1970 passa alla Mercury dove, però, realizza un solo singolo senza seguito.

Dal 1971 inizia a utilizzare per le sue produzioni discografiche il proprio nome, Lorenzo Pilat, che, comunque, stava usando già da tempo per firmare le sue composizioni, spesso realizzate assieme agli altri autori Daniele Pace e Mario Panzeri

Nel 1966, sebbene formalmente non citato, è fra gli autori di ‘Nessuno mi può giudicare’, grande successo di Caterina Caselli. 

Fra le molte altre sue composizioni si notano ‘La rosa nera’ (Gigliola Cinquetti, 1967), ‘Sole spento’ (Caterina Caselli, 1967), ‘L'attore’ (Adriano Celentano, 1968) e ‘Alla fine della strada’, quest’ultimo, presentato da Junior Magli e i Casuals al Festival di Sanremo del 1969, viene poi ripreso in versione inglese (‘Love me tonight’), diventando un grande successo di Tom Jones

Negli anni ’80 il successo e il numero di passaggi radiofonici registrato negli Stati Uniti dalla versione di Tom Jones fanno vincere a Pilat l’ambìto Grammy Award in qualità di autore della musica.




..continua sul n°92 di Jamboree Magazine compresa discografia