venerdì 14 febbraio 2014

Speciale Intervista a Marco Di Maggio


Marco Di Maggio torna a farsi ascoltare su disco, questa volta da solo, niente Connection e niente Brother. E’ l’undicesimo album del più ammirato chitarrista italiano, un disco doppio che si rivela essere un vero e proprio catalogo di stili e generi, praticamente la summa definitiva della sua opera ad oggi. Western-swing, country, rockabilly, swing, finger-picking in tutte le loro varianti e contaminazioni possibili, nella maggior parte dei casi in versione strumentale. E infatti l’album è quasi completamente strumentale, solo cinque cantati su un totale venti pezzi. Un diluvio di note, una valanga inarrestabile di lick, un campionario infinito di soluzioni, fraseggi e variazioni al tema. Ma anche un vero e proprio tributo a tutti i grandi stilisti che lo hanno influenzato da quando a 8 anni di età  prese la chitarra e cominciò a sognare l’America dei Fifties. Merle Travis, Chet Atkins, Scotty Moore, Hank Garland, Jimmy Bryant, Eddie Cochran questi i nomi e cognomi dei chitarristi che hanno cambiato la vita a Marco, gli artisti sui quali si è concentrato particolarmente durante la sua formazione. Oggi i loro stili vengono riproposti sottoforma di tributo e di citazione durante tutti gli show del chitarrista fiorentino ma con questo disco ciò che il nostro ha voluto realizzare è il definitivo ringraziamento nei loro confronti.

Quasi la metà  dei brani è originale e inedita, eccetto Bruno pezzo già  pubblicato sull’album dei Di Maggio Brothers "When I Hit My Stride". Per il resto ascolterete classici come San Antonio Rose, Tiger Rag, All By Myself, I Love You Because e Tonight Will Be The Last Nite e qualche pezzo di oscura provenienza. 

Da solo si diceva all'inizio, ed è così, Marco Di Maggio questo disco lo ha voluto realizzare completamente da solo, sovraincidendo tutti gli strumenti e le voci. Un prodotto la cui gestazione e realizzazione ha implicato una notevole mole di lavoro. Buon ascolto, e buona lettura dell’intervista che segue, che Marco ha cortesemente accettato di rilasciare.

Come è cambiata la realtà  musicale italiana da quando hai cominciato a vivere professionalmente di musica?

Direi che è cambiata, non radicalmente, ma ha subito importanti cambiamenti per diversi motivi e un musicista che si affacciava nel complesso mondo dello show business, a meno che non avesse una produzione mirata e budget consistenti, doveva fare di necessità  virtù, un po’ come ho fatto io...
ricordo le spedizioni serali munito di agenda e scheda telefonica prepagata, durante le quali chiamavo locali e promoter dalla cabina telefonica! Sembra preistoria ma si parla dei primi anni ‘90’....
Le fotocopie dei primi articoli e le spedizioni cumulative con mattinate spese ad imbustare cd e addirittura musicassette, con notevole dispendio di tempo e denaro.
...continua sul n° 84 di Jamboree Magazine




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