Carissimi lettori,
In attesa delle anticipazioni del n.86 di "Jamboree Magazine" di prossima uscita, pubblichiamo parte dell'articolo di Silvia Ragni dal n.78 luglio/settembre 2012
Marilyn Monroe: indimenticabile e immortale icona di stile,
la star per eccellenza di tutti i tempi, si è fatta interprete di
caratteristiche ben precise relative al suo look.
Divina sia nei jeans e camicia bianca indossati ne ‘Gli spostati’ (1961) come nei suoi
leggendari abiti da sera, rimane saldamente impresso nell’ immaginario
collettivo il suo stile fortemente caratterizzato e ricco di connotati
altamente identificativi: i capelli biondo platino, il lipstick rosso fuoco,
gli oufit che mettono in evidenza una femminilità prorompente con l’aggiunta di
un tocco di classe naturale, del tutto spontanea.
E se, pensando a lei, viene inevitabile chiedersi in che
percentuale gli studios hollywoodiani abbiano contribuito a creare un
personaggio e in quanta, per contro, la personalità spiccata e non comune di
Marilyn ne abbia immancabilmente ridefinito i contorni, forgiandoli con la sua
inconfondibile impronta caratteriale, è la stessa Marilyn a raccontare
ironicamente aneddoti relativi al suo look negli anni in cui vagava di provino
in provino, inseguendo il sogno di diventare un’attrice.
Nell’autobiografia ‘La
mia storia’, infatti, la diva dedica un intero capitolo narrando come la
già famosa Joan Crawford si
autoproclamò sua ‘consulente di stile’, offrendosi di aiutarla ad affinare il
suo gusto.
Citando una Crawford che le chiede di portarle la ‘lista del
suo guardaroba’ allo scopo di ‘revisionarlo’ e di stilare un elenco per i suoi
prossimi acquisti, Marilyn confessa candidamente di aver indossato, all’epoca,
unicamente due abiti che intercambiava a seconda dell’occasione, uno bianco e
uno grigio, aggiungendo: “per qualche ragione non riuscii a dire alla Crawford
che aveva già visto tutto il mio guardaroba.”
Non compilerà mai quell’elenco, ed avrà successive notizie
dell’affermata star di Hollywood solo in occasione della sua apparizione alla
cerimonia degli Oscar, in seguito
alla quale pare che criticò aspramente la Monroe considerandola ‘volgare’.
Ma il destino, per l’aspirante diva, ha in serbo una
stravagante sorpresa: quella che la condurrà alla fama non in virtù del suo
guardaroba, bensì delle schiette dichiarazioni con cui replica al clamore
suscitato dal celeberrimo calendario in cui si mostrava, con lo pseudonimo di Miss Golden Dreams, in tutto il suo
splendore e senza un vestito addosso; dodici scatti di cui uno, dopo averne
acquistato i diritti per 500 dollari, verrà utilizzato da Hugh Hefner per la ‘centerfold’
del primo numero di una nuova rivista ‘for
men only’ che, dal 1953
in poi, farà storia: Playboy sancisce il definitivo successo per Marilyn, che ignora i
consigli dell’ufficio stampa della 20th
Century Fox – da cui è scritturata- adducendo i motivi delle foto di nudo
alla ‘fame’ e alle rate di un’auto ancora tutte da pagare, suscitando
l’interesse e la simpatia del pubblico.
Nei primi anni ’50, il processo di trasformazione iniziato
nel 1946 grazie al contratto firmato con la Fox è giunto a buon punto: Norma Jean Baker è ora Marilyn Monroe,
il castano naturale dei capelli - prendendo a modello l’iconica Jean Harlow- è stato schiarito dopo una
selezione tra ben nove tonalità di biondo, prima che la scelta cadesse sul
color platino entrato nel mito.
Grande fan della Harlow e della sua personalità di vamp dal
sex appeal gioioso, Marilyn ottiene che sia Pearl Porterfield, la medesima hair stylist della protagonista di ‘The platinum blonde’, a decolorarle i
capelli da quel momento in avanti.
La camminata ondeggiante, l’aria da (finta) svampita, una
sensualità innata sono già segni distintivi della novella star che, esplosa nel
1953 con Niagara, riceverà nel
genere della commedia brillante la decisiva consacrazione.
Fine conoscitrice di sé stessa e della sua personalità, Marilyn
ha uno straordinario senso dello stile ed è ben consapevole della dicotomia che
intercorre tra Norma Jean -
affetta da un costante senso d’abbandono, desiderosa di affetto ed
approvazione - e Marilyn Monroe, la
star, applaudita, richiesta, desiderata.
Offrendo una motivazione dei suoi eclatanti ritardi, nella sua autobiografia scrive: “La gente mi disapprova per questo mio essere una ritardataria cronica. Mi riprendono e mi spiegano che lo faccio perché voglio sembrare importante e fare un’entrata spettacolare. Questo in parte è vero, tranne che a desiderare di essere importante non sono io, ma Norma.”
Offrendo una motivazione dei suoi eclatanti ritardi, nella sua autobiografia scrive: “La gente mi disapprova per questo mio essere una ritardataria cronica. Mi riprendono e mi spiegano che lo faccio perché voglio sembrare importante e fare un’entrata spettacolare. Questo in parte è vero, tranne che a desiderare di essere importante non sono io, ma Norma.”
Cinematograficamente, Marilyn si lega al costumista William Travilla, a cui la Fox affida il
compito di curare la sua immagine a partire da ‘Il magnifico scherzo’ (1952).
Travilla firmerà i costumi di scena della diva in otto film:
suoi, tra gli altri, l’abito rosso di ‘Niagara’
(1953), i vestiti di ‘Come sposare un
milionario’ (1953), l’evening dress in lamè dorato dalla vertiginosa
scollatura, lo scintillante abito tempestato di paillettes rosse e quello,
famosissimo, color rosa shocking che la Monroe sfoggia cantando ‘Diamonds are a girl’s best friend’,
apparsi in ‘Gli uomini preferiscono le
bionde’ (1953).
Di Travilla anche l’outfit in stile western di ‘La magnifica preda’ (1954) e il
celeberrimo cocktail dress bianco dalla gonna plissettata che una folata d’aria
calda, fuoriuscita dalla grata di areazione del metro, solleva in una
memorabile sequenza di ‘Quando la moglie
è in vacanza’ (1955).
A quest’abito è legato un episodio infelice dell’esistenza
di Marilyn: Joe Di Maggio, presente sul set, si infuriò talmente in seguito
alla scena della gonna svolazzante, da mettere fine al loro matrimonio con un
litigio furibondo.
Il divorzio giunse poco tempo dopo, calando il sipario su
un’unione durata neppure un anno.
Nell’estate del 2011, l’abito - appartenente alla collezione
privata di Debbie Reynolds - è stato
battuto all’asta per circa 5 milioni di dollari, una cifra record tra i costumi
di scena della diva.
A Travilla, Marilyn affida il suo look anche fuori dal set:
‘Billy, dear, dress me forever’, gli scrive nella dedica riportata su una copia
del suo calendario di nudo.
Tra i designer europei, è invece nota la sua predilezione
per Emilio Pucci e per Salvatore Ferragamo.
Un nome rimasto nel mito è poi quello di Chanel, che Marilyn pronuncia in una
leggendaria battuta legandolo al suo profumo: “Di notte, indosso solo qualche goccia di Chanel n°5”.
...continua su Jamboree nr.78 luglio-settembre 2012
in
chiusura dell'articolo anche la discografia e filmografia di Marilyn