Carissimi lettori,
oggi vi offriamo un'anteprima dell'articolo di Luca Selvini che appare sul n° 86 della nostra rivista che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.it

Uno dei più longevi gruppi musicali italiani sulla scena ancora oggi pur se con notevoli cambi di personale (gli unici membri originali sono rimasti in due) è sicuramente quello dei Camaleonti, formazione nata nel 1965 ma che ha le sue origini parecchio tempo prima a Milano.
A quel tempo la città meneghina ha una vibrante scena musicale giovanile, avendo ospitato il primo festival Rock and Roll già nella seconda metà degli anni cinquanta, e parecchi musicisti cominciano ad affacciarsi alla ribalta dei vari locali e night-club sparsi per il capoluogo lombardo.
Nel 1962 i chitarristi
Livio Macchia e Marco Reggè fondano
I Beatnicks, un duo che si esibisce per divertimento alle feste e nei parchi all’aperto d’estate e durante una di queste occasioni essi incontrano il cantante e chitarrista
Riki Maiocchi e Marco Minghinelli, trasformando I Beatnicks in un quartetto che suona un repertorio ispirato prevalentemente da gruppi come gli
Shadows e i
Champs; questa formazione però ha vita breve perché nello stesso anno Minghinelli e Reggè abbandonano e vengono sostituiti da Mario Perego, Roberto Cartago e dal sassofonista Giorgio Manzoli, a cui si aggiunge ben presto suo fratello Gerry al basso.

La band tira avanti con un assetto a sei fino al 1963, anno in cui i vari musicisti decidono di intraprendere nuove strade; Macchia, Perego, Cartago e Gerry Manzoli fondano il gruppo
I Demoniaci con l'aggiunta di un secondo chitarrista che risponde al nome di
Giovanni Borettini e la voce di un giovanissimo
Teo Teocoli (nel ’66 transiterà poi nei celeberrimi
I Quelli), mentre Maiocchi tenta la via di una carriera solista.
Contemporaneamente in città sono molto attivi anche
I Trappers complesso di cui fanno parte
Mario Lavezzi (voce e chitarra),
Tonino Cripezzi (pianoforte e voce), Bruno Longhi (basso e voce), Mimmo Seccia (chitarra e voce) e Gianfranco Longo (batteria), questi ultimidue finiranno poi assieme a Giorgio Manzoli nei
Ragazzi della via Gluck, il gruppo accompagnatore di
Celentano.
I Trappers nell’estate del 1964 sono affiancati dall’onnipresente Teocoli che canta per un po’ con loro prima di abbandonare la formazione alla vigilia dell’esordio a 45 giri coi brani
Ieri/Lui, Lui non ha, rispettivamente cover di
Yesterday dei Beatles e
Louie Louie dei Kingsmen.

Sempre nel ’64 invece si formano
I Marines, gruppo costituito da alcuni componenti dei Demoniaci con in più il redivivo Riki Maiocchi e il pianista Cesare Poggi; ma le intricate vicende di questi musicisti non finiscono qui, perché Livio Macchia inizia a dividere il suo tempo suonando anche con
Marino Maurain et les Dragueurs e Maiocchi firma per la Columbia per la quale incide un singolo di modesto successo intitolato
La tua vera personalità/Giovedì non mancare a cui fa seguito pochi mesi dopo una versione italiana di
House Of The Rising Sun intitolata
Non dite a mia madre; quando esce, il brano fa scandalo e per questo viene censurato subito (verrà ristampato poi col titolo
La casa del sole, pezzo portato al successo dai
Marcellos Ferial); sul retro in tutte e due le edizioni c’è la beatlesiana
P.S. I Love You cantata nella nostra lingua e che ha la peculiarità di essere attribuita a Riki Maiocchi e i Mods che altri non sono se non i suoi ex compagni nel gruppo dei Marines.
Questi ultimi nel volgere di pochi mesi subiscono dei cambiamenti: restano Manzoli e Macchia e al posto di

Poggi subentra il chitarrista Augusto Righetti con in più il nuovo batterista
Paolo De Ceglie e il sassofonista Marcello Olmari, in arte Gil Ventura e ben presto i cinque componenti cambiano nome in
Augusto Righetti e Le Ombre ispirato chiaramente dagli inglesi
Shadows; con questa formazione incidono un LP intitolato
“The New Sound Group” uscito alla fine dell’anno per la Columbia, ma in seguito a delle incomprensioni sorte nella band,
Gerry Manzoli, Livio Macchia e Paolo De Ceglie agli inizi del 1965 si riuniscono con Riki Maiocchi e chiamano con loro
Tonino Cripezzi, che abbandona i Trappers, e danno finalmente vita ai
Camaleonti.
Iniziano ad esibirsi regolarmente al
Santa Tecla, storico locale jazz milanese con un repertorio disinvolto che va dai classici “per coppie adulte” ai nuovi balli shake e al ritmo beat d’oltremanica per un pubblico più giovane e dinamico e il loro eclettismo musicale viene presto notato da
Miki Del Prete, arrangiatore del Clan di Celentano che li fa firmare per l’etichetta
Kansas; in breve esce il loro primosingolo:
Ti saluto/Ti dai troppe arie, disco oggi abbastanza raro che vede sul lato A un bel pezzo beat a firma Zappa-Menegazzi caratterizzato da un riff di chitarra simile a
You Really Got Me dei Kinks, senza però esserne un plagio, e sul retro una cover di
Really Mystified dei Merseybeats.

Il gruppo lavora intensamente in tutti i migliori locali di Milano e dalla Lombardia e ovunque ottiene un grosso successo e in pubblico il quintetto si presenta con ottimi completi di colore diverso, un'idea per raffigurare la capacità di cambiare le tonalità della loro musica; poi nel mese di ottobre del’65 la Kansas pubblica il secondo 45 giri che è anche il primo grosso hit dei Camaleonti, ovvero
Sha...La La La La/Tu credi in me, ancora due azzeccate cover di gruppi stranieri
(La la la la la dei
Blendells e sul lato B
And My Baby's Gone dei Moody Blues) – il brano principale è inciso come se fosse un’esibizione dal vivo, con applausi e incitamenti iniziali e l’ottimo organo di Cripezzi in bella evidenza, un disco perfetto; Del Prete si dimostra una persona vincente ed oculata che oltre che fare da manager è anche un buon autore e suggeritore di idee geniali.
Il 1966 si apre con l’uscita in febbraio del terzo disco, questa volta con un formato insolito contenente tre

canzoni:
I capelloni/Io lavoro/Come mai, ovvero tre versioni ad alto potenziale di altrettanti classici del beat inglese, nella fattispecie
Over and Over dei Dave Clark Five,
Get Off Of My Cloud dei Rolling Stones e
We Gotta Get Out Of This Place degli Animals, dimostrando l’attenzione particolare del gruppo verso le novità d’oltremanica e le più che buone capacità strumentali dei ragazzi, Maiocchi poi è sicuramente uno dei migliori cantanti del beat italiano dotato di una voce scura e profonda.
Sempre nello stesso mese esce il primo LP intitolato, non senza un filo di autoironia
“The Best Records In The World” che mette in luce le due anime del complesso, infatti accanto a brani dinamici come quelli usciti precedentemente su singolo appaiono anche canzoni più melodiche come
Il mare non racconta mai,
Non so che dire o
Vi sbagliate, esordio alla voce solista di Livio Macchia; apprezzabile e degna di nota la cover di I
f You Gotta Go, Go Now di Dylan, che qui appare col titolo
Non sperarlo più.

La produzione del gruppo in questo periodo è frenetica e in primavera escono a raffica altri 45 giri, un altro disco-tris che contiene
Chiedi chiedi/I ragazzi del Grab/Dimmi ciao, questa volta tutti pezzi di autori italiani e ottimi esempi di beat frizzante e ballabile, seguito a breve distanza dal nuovo singolo
Se ritornerai/Non so che dire (la facciata A è una versione italiana di Norwegian Wood dei Beatles, mentre il retro è un adattamento di un pezzo in francese intitolato
Tant de beux rèves); il 15 giugno invece i Camaleonti partecipano al Primo Raduno Internazionale Beat al Palalido di Milano organizzato dall’instancabile Miki Del Prete assieme a una trentina di gruppi tra i quali Equipe 84, New Dada, Dik Dik, The Rokes, I Ribelli con Adriano Celentano, Caterina Caselli e gli Amici, i Fuggiaschi, i Giganti e dall’Inghilterra gli Hollies e i Bad Boys, presentatore:
Gianni Boncompagni, poi improvvisamente in agosto l’inquieto Riki Maiocchi decide di lasciare la formazione e parte per Londra in cerca di nuovi musicisti, tornerà in Italia a settembre con i Trip nel quale transita per un po’ il chitarrista
Ritchie Blackmore e prosegue poi la sua attività nel 1967 facendosi accompagnare dal gruppo I Generali e partecipando al Festival di Sanremo in coppia con
Marianne Faithfull.
...continua sul n°86 di Jamboree Magazine