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oggi vi offriamo un'anteprima dell'articolo che appare sul n° 86 della nostra rivista che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.com
Rubrica 'Vintage & Style' di Silvia Ragni
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Rubrica 'Vintage & Style' di Silvia Ragni
Marilyn Monroe e Buddy
Holly, due star ma non solo: due miti, due icone accompagnate da un’aura
immortale che li rende leggendari protagonisti del nostro tempo.
Accomunati da un enorme
successo scaturito dall’unicità, dall’allure carismatica dei loro personaggi,
condividono anche il destino di una morte precoce che li introdusse a titolo
perenne nell’immaginario collettivo.
A Marilyn e Buddy Holly il “Summer Jamboree” ha dedicato una
mostra, allestita nella suggestiva cornice della Rocca Roveresca, visitabile fino allo scorso 31 agosto: Marilyn in
white e Buddy Holly, the day the music died, a cura dell’Associazione Culturale Summer Jamboree e della Galleria d’Arte Contemporanea ONO Arte di Bologna, hanno celebrato
in un esaustivo percorso fotografico i più significativi segmenti di vita dei
due divi, esaltandone il fascino irripetibile e senza tempo.
E’ il 1954 quando viene realizzato il celebre shooting di “Quando la moglie è in vacanza”: indossando il candido abito plissè creato da William Travilla che la consegnerà alla storia, Marilyn - che nel
film di Billy Wilder interpreta il
ruolo di colei che viene semplicemente chiamata ‘la ragazza’ - sosta su una grata della metropolitana newyorkese in
cerca di refrigerio dall’afa estiva mentre la corrente d’aria provocata dal
passaggio di un treno le solleva la gonna fino a scoprirle completamente le
gambe.
Quella memorabile scena, che
contribuirà a rendere immortale una pellicola considerata dall’American Film Institute una delle
commedie migliori di tutti i tempi, tramuta la Monroe in oggetto del desiderio
e icona.
Il personaggio che
interpreta sembra esserle cucito addosso: la ragazza californiana bella e un
po’ svampita che approda nella Grande Mela alla ricerca di successo come
fotomodella, poi come attrice, è quasi un suo ritratto speculare......
“The day the music died” è l’espressione con cui viene comunemente ricordato il tragico giorno che segnò la fine della vita di Buddy Holly, allora non ancora ventitreenne ma già applauditissimo astro del rock’n roll.
Nato in Texas il 7 settembre
del 1936, Charles Hardin Holley è uno
dei primi musicisti dell’epoca a scrivere e a produrre personalmente le proprie
canzoni.
Decide di darsi al rock‘n
roll dopo un breve trascorso nel country quando vede Elvis Presley esibirsi live: ne rimane folgorato, e da quel momento
inizia a registrare sia come solista che come leader dei The Crickets, per i quali nel 1957 compone l’hit “That’ll be the day”. Ma è con Peggy Sue che scala le vette delle
classifiche, raggiungendo una fama pari a quella di Elvis stesso.
Ad appena venti anni, Buddy
Holly ha un contratto con la Decca
in tasca ed un successo che, di lì a poco, diverrà planetario.
That’ll be the day si
posiziona infatti al primo posto nelle charts
dei 45 giri nel Regno Unito e Buddy definisce quella che diventerà la
formazione standard di una rock’n roll band, vale a dire due chitarre, basso e
batteria.
In seguito al matrimonio con
Maria Elena Santiago, nel 1958 si trasferisce a New York dove registra alcuni brani acustici come “Crying, waiting, hoping” e “What to do”, tentando inoltre la strada del cinema.
L’aria giocosa da liceale
sorridente, il fascino fanciullesco della sua voce e l’atteggiamento
accattivante fanno sì che Buddy sia amatissimo dal pubblico e consolidano il
suo ruolo di precursore che influenzerà, negli anni a venire, top names del panorama musicale del
calibro dei Beatles e dei Rolling Stones.
Per contro, i suoi
detrattori gli rimproverano di aver dato inizio al declino del rock’n roll puro
a causa della struttura pop che adotta, decisamente lontana dall’impronta di
matrice blues da cui è caratterizzato il genere musicale che lo ha portato al
successo.