Carissimi lettori,
oggi vi offriamo un'anteprima dell'articolo a cura di Silvia Ragni che appare sul n° 90 della nostra rivista che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.it
La sua ultima apparizione al cinema, un’esilarante sketch
con Alberto Sordi ne “Il tassinaro”, concentra in pochi minuti la sua
quintessenza: la travolgente esuberanza, una “romanità” spiccata, l’ironia,
l’allure da diva “affabile” che sa ridere di se stessa.
Non è un caso che di Silvana Pampanini, negli articoli che hanno commentato la sua scomparsa, siano state ricordate in primis la solarità e la simpatia contagiosa.
Classe 1925, nata a Roma il 25 settembre, “Ninì Pampan” - come la ribattezzarono i francesi - abbinava a quelle doti una bellezza abbagliante, che nel ‘46 le valse il titolo di Miss Italia ex aequo con Rossana Martini.
E’ proprio grazie a quel concorso che ebbe inizio la sua carriera nello showbiz: il seducente sguardo azzurro, una fluente massa di capelli castani, il corpo flessuoso e, soprattutto, le splendide gambe che anche in età avanzata inguainava con orgoglio nei fuseaux furono sempre i principali atout di quella studentessa del Conservatorio diplomata alle Magistrali, che la vittoria reclamata a furor di popolo come Miss rese immediatamente celebre.
Avvenente a tal punto da suscitare un’accalorata “rivolta” del pubblico nei confronti delle scelte della Giuria, Silvana fu incoronata “più bella d’Italia” nel tripudio generale.
La scia di polemiche che ne seguì, rimbalzando tra radio e carta stampata, provocò un boom di interesse che non passò inosservato negli studi di Cinecittà.
Sommersa da proposte di ingaggio, dopo solo pochi mesi la Pampanini imperversava a ritmo ininterrotto sul grande schermo.
Le pellicole che la videro protagonista furono inizialmente a carattere musicale, dove il suo amore per il canto veniva ampiamente valorizzato.
Nipote del soprano lirico Rosetta Pampanini, Silvana non trascurò mai il talento che gli anni di Conservatorio avevano contribuito ad affinare.
E se nei primi film che interpretò ne venne di frequente doppiata la voce ciò non accadde per le parti cantate, in cui fa sfoggio di un’impeccabile formazione musicale: un dettaglio di cui si rivengono tracce nei numerosi dischi, a 78 e 45 giri, che incise per un buon decennio a partire dal 1947.
Gli anni ’50 erano in procinto di iniziare e la fisicità curvilinea, esplosiva di Silvana Pampanini lanciava un modello di donna del tutto inedito che diverrà il prototipo della “maggiorata”.
Ancor prima di Silvana Mangano e di Sophia Loren i rotocalchi, i cinegiornali erano intenti a magnificare gli attributi di colei che, nel corso degli anni, riuscì ad ammaliare Totò ed uno stuolo di prestigiosi pretendenti internazionali.
Coadiuvata dal padre che, dapprima contrario alla sua carriera di attrice, ne divenne poi il manager, “Nini Pampan” entrò nel cinema dalla porta principale: a “I pompieri di Viggiù” (1949) seguirono, tra le altre, pellicole come “47 morto che parla” (1950), “O.K. Nerone” (1951), “Bellezze in bicicletta” (1951) – dove canta l’omonima canzone divenuta un emblema epocale – “Processo alla città” (1952), “La presidentessa” (1953), “Un giorno in pretura” (1953), “La bella di Roma” (1955), “Racconti romani” (1955) - tratto da una raccolta di novelle di Moravia - “La strada lunga un anno” (1959), che ricevette una nomination all’Oscar e fu premiato in qualità di Miglior film straniero ai Golden Globe.
Diretta da registi quali Pietro Germi, Luigi Comencini, Luigi Zampa, Mario Soldati e Giuseppe De Santis (per citarne solo alcuni), Silvana recitò accanto a prestigiosi nomi della nostra cinematografia tra i quali ricordiamo Totò, Walter Chiari, Peppino De Filippo, Vittorio De Sica, Alberto Sordi, Marcello Mastroianni, Amedeo Nazzari, Vittorio Gasmann, Nino Manfredi, Ugo Tognazzi, Renato Rascel, Amedeo Nazzari, Rossano Brazzi, Paolo Stoppa e Massimo Girotti.
La distribuzione ed il successo internazionale di molti film a cui la Pampanini prese parte la resero una star mondiale, annoverando nell’elenco dei suoi partner professionali interpreti del calibro di Jean Gabin, Buster Keaton, Pierre Brasseur e Jean-Pierre Aumont.
Ormai “di casa” in Francia, Spagna, Egitto, Messico e Argentina dove apparve sia sul set, che nelle vesti di
portavoce del cinema italiano, l’esuberante diva non fu mai attratta - nonostante le numerose richieste – da una carriera hollywoodiana.
All’apogeo della fama, i tabloids stilarono un’interminabile elenco di teste coronate, attori di prim’ordine, eredi al trono che si invaghirono di lei perdutamente senza però riuscire a “Ho avuto più corteggiatori che mal di testa”, ha sempre dichiarato Silvana, eppure evitò categoricamente di convolare a nozze con chicchessia.
conquistare a lungo termine il suo cuore.
Amava raccontare di un amore indimenticabile, di un fidanzato che, nel ’52, a un mese dal matrimonio scomparve a causa di una malattia: decise allora che non si sarebbe mai sposata, sbandierando vita natural durante il suo status di single con fierezza.
Del corteggiamento di Totò si parlò a lungo, a cavallo tra il 1950 e il 1951: quel che è certo, è che il Principe De Curtis rimase completamente folgorato dall’attrice romana.
Ciononostante.....
Non è un caso che di Silvana Pampanini, negli articoli che hanno commentato la sua scomparsa, siano state ricordate in primis la solarità e la simpatia contagiosa.
Classe 1925, nata a Roma il 25 settembre, “Ninì Pampan” - come la ribattezzarono i francesi - abbinava a quelle doti una bellezza abbagliante, che nel ‘46 le valse il titolo di Miss Italia ex aequo con Rossana Martini.
E’ proprio grazie a quel concorso che ebbe inizio la sua carriera nello showbiz: il seducente sguardo azzurro, una fluente massa di capelli castani, il corpo flessuoso e, soprattutto, le splendide gambe che anche in età avanzata inguainava con orgoglio nei fuseaux furono sempre i principali atout di quella studentessa del Conservatorio diplomata alle Magistrali, che la vittoria reclamata a furor di popolo come Miss rese immediatamente celebre.
Avvenente a tal punto da suscitare un’accalorata “rivolta” del pubblico nei confronti delle scelte della Giuria, Silvana fu incoronata “più bella d’Italia” nel tripudio generale.
La scia di polemiche che ne seguì, rimbalzando tra radio e carta stampata, provocò un boom di interesse che non passò inosservato negli studi di Cinecittà.
Sommersa da proposte di ingaggio, dopo solo pochi mesi la Pampanini imperversava a ritmo ininterrotto sul grande schermo.
Le pellicole che la videro protagonista furono inizialmente a carattere musicale, dove il suo amore per il canto veniva ampiamente valorizzato.
Nipote del soprano lirico Rosetta Pampanini, Silvana non trascurò mai il talento che gli anni di Conservatorio avevano contribuito ad affinare.
E se nei primi film che interpretò ne venne di frequente doppiata la voce ciò non accadde per le parti cantate, in cui fa sfoggio di un’impeccabile formazione musicale: un dettaglio di cui si rivengono tracce nei numerosi dischi, a 78 e 45 giri, che incise per un buon decennio a partire dal 1947.
Gli anni ’50 erano in procinto di iniziare e la fisicità curvilinea, esplosiva di Silvana Pampanini lanciava un modello di donna del tutto inedito che diverrà il prototipo della “maggiorata”.
Ancor prima di Silvana Mangano e di Sophia Loren i rotocalchi, i cinegiornali erano intenti a magnificare gli attributi di colei che, nel corso degli anni, riuscì ad ammaliare Totò ed uno stuolo di prestigiosi pretendenti internazionali.
Coadiuvata dal padre che, dapprima contrario alla sua carriera di attrice, ne divenne poi il manager, “Nini Pampan” entrò nel cinema dalla porta principale: a “I pompieri di Viggiù” (1949) seguirono, tra le altre, pellicole come “47 morto che parla” (1950), “O.K. Nerone” (1951), “Bellezze in bicicletta” (1951) – dove canta l’omonima canzone divenuta un emblema epocale – “Processo alla città” (1952), “La presidentessa” (1953), “Un giorno in pretura” (1953), “La bella di Roma” (1955), “Racconti romani” (1955) - tratto da una raccolta di novelle di Moravia - “La strada lunga un anno” (1959), che ricevette una nomination all’Oscar e fu premiato in qualità di Miglior film straniero ai Golden Globe.
Diretta da registi quali Pietro Germi, Luigi Comencini, Luigi Zampa, Mario Soldati e Giuseppe De Santis (per citarne solo alcuni), Silvana recitò accanto a prestigiosi nomi della nostra cinematografia tra i quali ricordiamo Totò, Walter Chiari, Peppino De Filippo, Vittorio De Sica, Alberto Sordi, Marcello Mastroianni, Amedeo Nazzari, Vittorio Gasmann, Nino Manfredi, Ugo Tognazzi, Renato Rascel, Amedeo Nazzari, Rossano Brazzi, Paolo Stoppa e Massimo Girotti.
La distribuzione ed il successo internazionale di molti film a cui la Pampanini prese parte la resero una star mondiale, annoverando nell’elenco dei suoi partner professionali interpreti del calibro di Jean Gabin, Buster Keaton, Pierre Brasseur e Jean-Pierre Aumont.
Ormai “di casa” in Francia, Spagna, Egitto, Messico e Argentina dove apparve sia sul set, che nelle vesti di
portavoce del cinema italiano, l’esuberante diva non fu mai attratta - nonostante le numerose richieste – da una carriera hollywoodiana.
All’apogeo della fama, i tabloids stilarono un’interminabile elenco di teste coronate, attori di prim’ordine, eredi al trono che si invaghirono di lei perdutamente senza però riuscire a “Ho avuto più corteggiatori che mal di testa”, ha sempre dichiarato Silvana, eppure evitò categoricamente di convolare a nozze con chicchessia.
conquistare a lungo termine il suo cuore.
Amava raccontare di un amore indimenticabile, di un fidanzato che, nel ’52, a un mese dal matrimonio scomparve a causa di una malattia: decise allora che non si sarebbe mai sposata, sbandierando vita natural durante il suo status di single con fierezza.
Del corteggiamento di Totò si parlò a lungo, a cavallo tra il 1950 e il 1951: quel che è certo, è che il Principe De Curtis rimase completamente folgorato dall’attrice romana.
Ciononostante.....
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