E’ l’icona che vanta un maggior numero di ‘tentativi di imitazione’: il suo look, perennemente immutato nel tempo, oggi come ieri risulta più che mai vincente.
Dita Von Teese - al secolo Heather Renée Sweet - classe 1972, nata nel Michigan, è senza dubbio la pin up del Terzo Millennio più internazionalmente celebrata.
Il suo sofisticato stile rétro è inconfondibile e mantiene
immancabilmente la top position nella classifica dei vintage trend: pelle
d’avorio, sopracciglia ad ala di gabbiano, eyeliner accessoriato di una dose
abbondante di ciglia finte e labbra rigorosamente dipinte di un red vibrante
rappresentano ormai il suo trademark.
A contornare il tutto, una cornice di capelli color ebano pettinati ad onde che suscitano reminiscenze di Ava Gardner e Hedy Lamarr.
La addiction al vintage nasce in Dita sin dall’infanzia, di pari
passo con la passione per il cinema anni ’40 della Old Hollywood: la
affascinano le dive dall’allure raffinata e seduttiva, il loro glamour elegante
vagamente altero e cerca di emularne le movenze frequentando corsi di danza
classica che donano grazia al suo incedere ed alla sua gestualità, accarezzando
al tempo stesso il sogno di diventare una ballerina.
Ma è la lingerie il suo
fetiche, preziosa e iperfemminile come quella delle star del Technicolor e
delle modelle di Playboy.
Non è un caso che a soli 15 anni trovi impiego come commessa in un negozio di intimo dove può procurarsi con facilità le calze, i reggicalze, i bustier e i reggiseni tanto vagheggiati.
All’amore per la danza sostituisce però, ben presto, quello per i costumi di scena: “In realtà, quello che mi affascinava del balletto non era la danza in sé, quanto i costumi meravigliosi, il maquillage teatrale e tutta quell’atmosfera unica che si respira sul palcoscenico”, ha dichiarato Von Teese in un’intervista a Vogue Italia.
Si iscrive dunque al College dove si diploma in Storia della moda per poi iniziare, appena diciannovenne, la sua carriera di stripper ‘rétro’ ispirandosi al look anni ’40 di Betty Grable e Gipsy Rose Lee: acconcia i capelli in un beehive superchic, indossa calze con la giarrettiera e seducenti guepière abbinandole a guanti che oltrepassano il gomito, che sfila con intriganti movenze.
Sono gli anni in cui Dita – il cui nome è un tributo alla
diva del muto Dita Parlo - inizia a ‘giocare’ con il look, a sperimentare le
molteplici variabili del glamour che riconducono ad un’eclettica iconografia
d’antan: le illustrazioni di John Willie ne rappresentano un significativo
esempio.
Bionda naturale ma lontana anni luce dal beauty pattern californiano, la
futura star del Burlesque crea ed esalta un proprio, personalissimo, stile.
La
sua frequentazione dell’underground losangelino la stimola a ricercare
costantemente la ‘differenza’, quel quid in più che diviene insostituibile
materiale di unicità: comincia dal colore dei capelli e in un primo momento
pensa di tingerli di un brillante rosso fuoco, ma affascinata dall’hair color
di Hedy Lamarr cambia rapidamente idea e sceglie un nero elegante e misterioso.
Come secondo step, bandisce l’abbronzatura ed esibisce una pelle bianco latte
su cui risaltano sopracciglia corvine ad ala di gabbiano e labbra tinte di
rosso scarlatto.
Tra gli elementi base delle sue mise figurano i must del
fetish: altissimi stivali in vernice con lacci intrecciati, bustier strizzavita
e guanti in pelle rigorosamente oltre il gomito.
Dita sfoggia un look
frequentemente immortalato sui set fotografici dei magazine più diffusi tra gli
amanti del latex, come Marquis e Bizarre.
Ma la vera svolta della sua carriera
è datata 1992, quando decide di incanalare la passione per il rétro riproponendo
una forma di entertainment, il Burlesque, dando vita ad una sua versione
contemporanea densa di richiami al musical degli anni ’30 e ’40 in cui
scenografia, sensualità ed autoironia giocano ruoli di pari importanza: come
dimenticare le sue celebri performance su una giostrina a cavalli o in una
coppa extrasize di Martini?
Nessun commento:
Posta un commento
Lascia il tuo commento...