Carissimi lettori,
oggi vi offriamo un'anteprima dell'articolo a cura di Luca Selvini che appare sul n° 89 della nostra rivista che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.it
C’era una volta….come dicono
le fiabe, un tempo in cui cantanti e gruppi
stranieri che avevano già conquistato il nostro mercato discografico, per compiacere i fans italiani incidevano anche nella nostra lingua alcune versioni di loro successi, di altri artisti o di canzoni italiane scritte appositamente per essi.
Già dalla fine degli anni cinquanta diversi grossi nomi della musica internazionale si erano cimentati in questa impresa, registrando una sfilza impressionante di titoli cantati nel nostro idioma, tra cui vorremmo ricordare Paul Anka con Diana e Sei Nel Mio Destino (“You Are My Destiny”), tutte del 1958, Neil Sedaka con Esagerata (cover di “Little Devil”, incisa nel 1961) e Il Re dei pagliacci (“King Of The Clown” del 1963) o Gene
Pitney con Quando vedrai la mia ragazza (“When You See My Girl” del 1964) e la celebre Nessuno mi può giudicare, questa volta un brano di autori locali presentato in coppia con Caterina Caselli a Sanremo nel 1966.
Anche il grande Elvis Presley non sfuggì a questa pratica e nel 1963 registrò la celebre Santa Lucia per il film “Viva Las Vegas”; ma c’erano stati anche Dean Martin con Buona sera signorina, Arrivederci Roma, ‘O Sole Mio, That's Amore, Volare, Torna a Sorrento e molti altri artisti, tra cui Pat Boone che nel 1962 presentò ad un programma RAI la classica Quando, quando, quando (in realtà cantata per metà in italiano e per metà in inglese); Connie Francis, cantante americana che incise molte canzoni nostrane, tra cui Tango della gelosia e La Paloma; il francese Richard Anthony, esecutore di E il treno va, Cin Cin, La mia festa e Il mio mondo, un brano firmato da Umberto Bindi e Gino Paoli, e
parecchie altre glorie tra cui l’indimenticabile Louis Armstrong di Mi va di cantare e Grassa e bella entrambe presentate alla TV italiana nel 1968 e il campione del R&B Wilson Pickett, con l’interpretazione di Un’Avventura al Festival di Sanremo del1969 in coppia con Lucio
Battisti, anche qui però con un cantato metà in italiano e metà nella sua
lingua.
Ovviamente il discorso non finirebbe qui e comprenderebbe una lista ben più lunga di cantanti e canzoni che però rischierebbe di “sconfinare” dal mio campo di ricerca e da quello di cui mi occupo abitualmente su queste pagine…e cioè il beat e i gruppi stranieri che decisero ti togliersi lo sfizio di cantare in italiano. Saltando a piè pari quei complessi che si stabilirono in via definitiva qui da noi, e che quindi ebbero tutta una serie di successi scritti ex-novo da autori di casa nostra o scritti di loro pugno ma adattati nella nostra lingua (Rokes, Sorrows, Renegades), di cui mi sono già ampiamente occupato nei numeri scorsi di questa rivista, e sorvolando i venerabili
Primitives di Mal e i Motowns di cui parlerò in dettaglio prossimamente, direi di concentrarci di più sulle formazioni che transitarono brevemente nel nostro paese o di chi addirittura non ci visse mai ma registrò qualcosa nella lingua di Dante.
Partiamo quindi dall’Olimpo del rock cominciando con i Rolling Stones che pubblicarono una cover di “As Tears Go By” intitolata Con le mie lacrime su singolo Decca nell’aprile del 1966, con il retro “Heart Of Stone” cantata in inglese, ed è divertente sentire la suadente voce di Jagger alle prese con la difficoltà della pronuncia italiana; da ricordare che più o meno nello stesso periodo anche il gruppo jugoslavo (oggi diremmo sloveno, visto che veniva da Capodistria) dei Kameleoni incise una propria versione della stessa canzone, mentre gli Yardbirds sempre nel ‘66 parteciparono a Sanremo con due pezzi che poi pubblicarono su singolo
per la RCA e cioè Paff …Bum (in inglese) e la decisamente bruttina Questa volta, presentandoli al Festival in coppia con Lucio Dalla e con Bobby Solo; l’anno seguente toccò invece agli Hollies con una canzone di Mogol-Battisti intitolata Non prego per me, con Mino Reitano come partner per la manifestazione canora; il 45 giri che ne derivò, pubblicato per la Parlophone, portava sul lato B Devi avere fiducia in me, un brano di autori italiani dall’andamento un po’ più brioso rispetto alla facciata principale (una ballata tutto sommato malinconica e lontana dal repertorio abituale del quintetto di Manchester) – una curiosità: nel disco ai cori partecipò lo stesso Lucio Battisti, che il 13 gennaio del 1967 si recò negli studi di Abbey Road a Londra per registrare assieme al gruppo.
Veniamo ora ai Casuals, band inglese originaria di Lincoln che incise una manciata di dischi nella nostra lingua tra cui la più celebre è senz’altro Jezamine (brano edito su etichetta Joker nel 1968 accoppiato ad Amore, sto dicendo a te!), ma anche Il sole non tramonterà e Alla fine della strada, dischi pubblicati rispettivamente su etichetta CBS e Vogue, il gruppo era noto anche per aver collaborato con Gino Paoli, che scrisse per loro assieme a Greenway e Cooke la canzone Siamo Quattro e con il quale divise a metà un intero LP (una facciata a testa) intitolato appunto Gino Paoli & The Casuals, sempre edito per la CBS nel 1967.
stranieri che avevano già conquistato il nostro mercato discografico, per compiacere i fans italiani incidevano anche nella nostra lingua alcune versioni di loro successi, di altri artisti o di canzoni italiane scritte appositamente per essi.
Già dalla fine degli anni cinquanta diversi grossi nomi della musica internazionale si erano cimentati in questa impresa, registrando una sfilza impressionante di titoli cantati nel nostro idioma, tra cui vorremmo ricordare Paul Anka con Diana e Sei Nel Mio Destino (“You Are My Destiny”), tutte del 1958, Neil Sedaka con Esagerata (cover di “Little Devil”, incisa nel 1961) e Il Re dei pagliacci (“King Of The Clown” del 1963) o Gene
Pitney con Quando vedrai la mia ragazza (“When You See My Girl” del 1964) e la celebre Nessuno mi può giudicare, questa volta un brano di autori locali presentato in coppia con Caterina Caselli a Sanremo nel 1966.
Anche il grande Elvis Presley non sfuggì a questa pratica e nel 1963 registrò la celebre Santa Lucia per il film “Viva Las Vegas”; ma c’erano stati anche Dean Martin con Buona sera signorina, Arrivederci Roma, ‘O Sole Mio, That's Amore, Volare, Torna a Sorrento e molti altri artisti, tra cui Pat Boone che nel 1962 presentò ad un programma RAI la classica Quando, quando, quando (in realtà cantata per metà in italiano e per metà in inglese); Connie Francis, cantante americana che incise molte canzoni nostrane, tra cui Tango della gelosia e La Paloma; il francese Richard Anthony, esecutore di E il treno va, Cin Cin, La mia festa e Il mio mondo, un brano firmato da Umberto Bindi e Gino Paoli, e
parecchie altre glorie tra cui l’indimenticabile Louis Armstrong di Mi va di cantare e Grassa e bella entrambe presentate alla TV italiana nel 1968 e il campione del R&B Wilson Pickett, con l’interpretazione di Un’Avventura al Festival di Sanremo del
Ovviamente il discorso non finirebbe qui e comprenderebbe una lista ben più lunga di cantanti e canzoni che però rischierebbe di “sconfinare” dal mio campo di ricerca e da quello di cui mi occupo abitualmente su queste pagine…e cioè il beat e i gruppi stranieri che decisero ti togliersi lo sfizio di cantare in italiano. Saltando a piè pari quei complessi che si stabilirono in via definitiva qui da noi, e che quindi ebbero tutta una serie di successi scritti ex-novo da autori di casa nostra o scritti di loro pugno ma adattati nella nostra lingua (Rokes, Sorrows, Renegades), di cui mi sono già ampiamente occupato nei numeri scorsi di questa rivista, e sorvolando i venerabili
Primitives di Mal e i Motowns di cui parlerò in dettaglio prossimamente, direi di concentrarci di più sulle formazioni che transitarono brevemente nel nostro paese o di chi addirittura non ci visse mai ma registrò qualcosa nella lingua di Dante.
Partiamo quindi dall’Olimpo del rock cominciando con i Rolling Stones che pubblicarono una cover di “As Tears Go By” intitolata Con le mie lacrime su singolo Decca nell’aprile del 1966, con il retro “Heart Of Stone” cantata in inglese, ed è divertente sentire la suadente voce di Jagger alle prese con la difficoltà della pronuncia italiana; da ricordare che più o meno nello stesso periodo anche il gruppo jugoslavo (oggi diremmo sloveno, visto che veniva da Capodistria) dei Kameleoni incise una propria versione della stessa canzone, mentre gli Yardbirds sempre nel ‘66 parteciparono a Sanremo con due pezzi che poi pubblicarono su singolo
per la RCA e cioè Paff …Bum (in inglese) e la decisamente bruttina Questa volta, presentandoli al Festival in coppia con Lucio Dalla e con Bobby Solo; l’anno seguente toccò invece agli Hollies con una canzone di Mogol-Battisti intitolata Non prego per me, con Mino Reitano come partner per la manifestazione canora; il 45 giri che ne derivò, pubblicato per la Parlophone, portava sul lato B Devi avere fiducia in me, un brano di autori italiani dall’andamento un po’ più brioso rispetto alla facciata principale (una ballata tutto sommato malinconica e lontana dal repertorio abituale del quintetto di Manchester) – una curiosità: nel disco ai cori partecipò lo stesso Lucio Battisti, che il 13 gennaio del 1967 si recò negli studi di Abbey Road a Londra per registrare assieme al gruppo.
Veniamo ora ai Casuals, band inglese originaria di Lincoln che incise una manciata di dischi nella nostra lingua tra cui la più celebre è senz’altro Jezamine (brano edito su etichetta Joker nel 1968 accoppiato ad Amore, sto dicendo a te!), ma anche Il sole non tramonterà e Alla fine della strada, dischi pubblicati rispettivamente su etichetta CBS e Vogue, il gruppo era noto anche per aver collaborato con Gino Paoli, che scrisse per loro assieme a Greenway e Cooke la canzone Siamo Quattro e con il quale divise a metà un intero LP (una facciata a testa) intitolato appunto Gino Paoli & The Casuals, sempre edito per la CBS nel 1967.
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