Carissimi lettori,
oggi vi offriamo un'anteprima dell'articolo a cura di Luca Selvini che appare sul n° 85 della nostra rivista che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.com
oggi vi offriamo un'anteprima dell'articolo a cura di Luca Selvini che appare sul n° 85 della nostra rivista che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.com
Birmingham nel 1964 vanta una nutrita schiera di formazioni
particolarmente originali e un panorama musicale molto valido, tanto che la
stampa specializzata battezza questo fenomeno col nome di Brum Beat.
I nomi più
in vista sono quelli di Rockin’ Berries, The Applejacks, The Renegades e i
grandi Spencer Davies Group; ma ci sono anche i Vikings, guidati dal cantante
Carl Wayne e che comprendono anche il bassista Chris “Ace” Kefford e il
batterista Bev Bevan, uno che aveva suonato con i Diplomats di Denny Laine
prima che l’eclettico chitarrista fondasse i Moody Blues, altra band cittadina
emergente che diverrà presto leggendaria; e poi ancora i Nightriders con Roy
Wood alla chitarra e i Danny King & The Mayfair Set, che includono un altro
chitarrista di nome Trevor Burton.
Una sera di dicembre 1965 questi tre
complessi si ritrovano a suonare assieme al Cedar Club e a margine del concerto
alcuni di loro iniziano a fare una jam session, così tanto per divertimento e
in breve nasce l’idea di formare una nuova band fresca e potente che si
materializza di li a poco col nome The Move, una sigla che suggeriva il fatto
che i suoi componenti se ne stavano andando via (to move away) da propri
rispettivi gruppi, anche se è plausibile che i ragazzi (tutti dotati di grande
talento vocale) avessero scelto quella denominazione su esempio di nomi forti,
brevi e dinamici che erano un po’ il tratto distintivo della giovane scena
modernista del momento.
Il loro repertorio in questa prima fase è infatti
caratterizzato da cover di brani della Motown, eseguiti con una spiccata
attitudine violenta, su esempio dei live degli Who, una band a cui spesso i
Move vengono paragonati e ben presto i cinque diventano l’attrazione principale
al Belfry Hotel di Birmingham fino a quando vengono notati dal manager Tony
Secunda che nella primavera dell’anno successivo li fa trasferire a Londra e
assicura loro un ingaggio fisso al fine settimana al celebre Marquee Club; la
mossa successiva del giovane manager è quella di pubblicizzare la nuova
immagine dei suoi protetti facendoli vestire con eleganti completi gessati anni
trenta, in stile gangster e procurando loro un contratto discografico con
l’etichetta Deram, la sussidiaria “progressiva” della Decca.
È tempo di
crescita e di cambiamento nel mondo dello spettacolo, ora si parla di Pop-Art e
di Happenings e le esibizioni dei Move si fanno sempre più elaborate e caotiche
fino ad arrivare a sfasciare televisori sul palco con un’ascia o, come nel caso
di uno spettacolo alla Roudhouse, a distruggere una vera automobile!!
Il gruppo comincia a subire il fascino delle complesse armonie
vocali della West-Coast americana, al ché Secunda, scoperte le grandi capacità
compositive di Roy Wood, lo sprona a comporre materiale e i risultati si
materializzano nel gennaio del 1967 col primo singolo Night Of Fear/Disturbance
prodotto da Danny Cordell che sale immediatamente al secondo posto nelle
classifiche; la facciata principale si apre con una citazione della 1812
Ouverture di Tchaikowsky mentre il retro, un brano vivace quanto oscuro si fa
notare per un finale cacofonico, evocativo forse di una brutta esperienza con
gli allucinogeni.
In questo periodo fatto di rapide trasformazioni nel panorama
musicale (il passaggio dalla scena R&B al nascente movimento psichedelico),
i Move sono tra i primi ad esibirsi regolarmente all’UFO Club, dove però le
reazioni del pubblico sono contrastanti, e se da un lato vengono apprezzati dai
mods più dinamici e predisposti alla violenza dei loro live, dall’altra
lasciano perplessi gli hippies, sconcertati da tanta aggressività – allo stesso
modo gli amanti del suono modernista e della Motown dimostrano di non gradire
molto i lunghi assoli lisergici e i feedback dei chitarristi on stage.
In
aprile la band si esibisce al prestigioso 14th Hour Technicolour Dream
all’Alexandra Palace, assieme ai più bei nomi dell’underground inglese
(Creation, Soft Machine, Pink Floyd e Tomorrow, fra gli altri) e poi danno alle
stampe il nuovo 45 giri I Can Hear The Grass Grow/Wave Your Flag And Stop The
Train; il lato A riflette già dal titolo il coinvolgimento del gruppo nella psichedelia,
anche se Wood ha sempre sostenuto che era abile a scrivere pezzi che parlavano
di acido e cannabinoli senza fare uso di droghe, stimolato solo da una
bottiglia di Scotch, a differenza dei suoi compagni, Burton e Kefford in
particolare, entusiasticamente convertiti alle sostanze psicotrope.
Entrambi i
brani si fanno notare per un gustoso suono pop già incline alle stranezze del
cosiddetto “freakbeat”, dove spiccano oltre ai brillanti arrangiamenti anche il
drumming “a catapulta” di Bev Bevan, molto debitore dello stile percussivo di
Keith Moon.
...continua su Jamboree Magazine n°85
...continua su Jamboree Magazine n°85
Nessun commento:
Posta un commento
Lascia il tuo commento...