domenica 22 febbraio 2015

Vengono a portare via...I Balordi

Carissimi lettori,

oggi vi offriamo un'anteprima dell'articolo a cura di Luca Selvini  che appare sul n° 87 della nostra rivista  che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.it 


Ancora una volta vado ad occuparmi di un gruppo italiano molto famoso negli anni ’60:   I BALORDI, uno dei moltissimi complessi di Milano, all’epoca vera fucina di talenti che contava tra grandi nomi e sconosciuti centinaia di formazioni attive.

La loro avventura musicale ebbe inizio all’incirca nel 1964 quando un ragazzo di diciotto anni di nome Andrea Muratori, chitarrista autodidatta, ma predisposto alla musica, tanto da saper suonare anche il flauto, convinse suo fratello Gianantonio (di due anni più giovane, ma già talentuoso disegnatore) ad imbracciare il basso, prendere alcune lezioni dal maestro Rossi e provare a “mettere su” un gruppo musicale chiamato I Pazzi, che però in pratica non aveva ancora una vera formazione. 

Per un certo periodo i fratelli Muratori frequentarono la cantina di un amico comune chiamato Mauro che suonava il basso in un complesso chiamato
I Tipi assieme ad un cantante di nome Tino; le informazioni su di loro sono in verità molto scarse, ma potrebbero essere gli stessi Tipi che nel 1967 incisero un singolo intitolato Oggi sono tanto triste/La ragazza bruttina, il cui lato B è un esempio di freakbeat con chitarre distorte e un ritmo sostenuto.
 
Questo Mauro, di fatto iniziò Gianantonio, (allora chiamato Gianni), al basso elettrico insegnandogli alcuni fondamentali passaggi in uso nella musica rock; poi finalmente nella primavera del 1965 ad Andrea e Gianni si unirono in via definitiva un batterista nativo di Zagarolo ma trasferitosi a Milano, Giuseppe “Beppe” Panzironi e un altro chitarrista di cui si conosce solo il nome di battesimo: Francesco ed è proprio in questa occasione che il gruppo (finalmente si poteva definire tale), decise di cambiare nome e chiamarsi I Balordi che da quel momento ebbe la possibilità di fare le prove nella cantina di Beppe vicino a Porta Venezia. 

Beppe aveva un'altra importante particolarità (a differenza degli altri) possedeva una macchina una vecchia Opel stile auto americane con le pinne e un enorme bagagliaio dove si potevano mettere gli strumenti ed andare così a provare in alternativa anche in un'altra sala (il Circolo dell'Unità di via Mar Jonio a San Siro) sala usata anche da altri gruppi milanesi (stando ai ricordi di uno di loro, una volta incrociarono I Camaleonti e Quelli poi PFM); il repertorio comprendeva principalmente cover di band inglesi oltre a classici del soul e del R&B in voga all’epoca come Under The Boardwalk, Everybody Needs Somebody To Love o Bring It On Home To Me eseguite su arrangiamento degli Stones e degli Animals e la voce solista era quella di Gianni Muratori.

Ben presto cominciarono a farsi conoscere e ad esibirsi nei piccoli locali meneghini o alle classiche feste studentesche; poi però alla vigilia dell’estate Andrea decise improvvisamente di partire per la Spagna e trasferirsi a Madrid con l’intenzione di rimanervi, ma dal momento che ai Balordi venne offerta l’opportunità di fare una tournée nella riviera Romagnola, occorreva trovare subito un chitarrista sostituto e poco dopo arrivò un altro Gianni (Giancarlo Tomaselli); ora la formazione comprendeva Beppe, Francesco e due Gianni e fu probabilmente allora che cominciarono a chiamare Gianni Muratori ‘John’, sia per la sua somiglianza a John Lennon e sia per distinguerlo dall’altro suo omonimo Gianni. Soprannome successivamente trasformato da John in ‘Gion’ come il personaggio dei suoi fumetti.
In Romagna iniziarono a battere a tappeto vari locali e balere del posto: si esibirono al Garden Ceschi di Viserba, e come gruppo d’attrazione 
al Tam Tam di Riccione dove suonava l’Orchestra di Andrea Mingardi o al Patio di Bellaria, dove una foto scattata da qualcuno mostrava il gruppo mentre suonava in maglietta e bermuda e sulla cassa della batteria di Beppe compariva già una prima versione della famosa scritta “I Balordi”, disegnata da Gion Muratori. 

Sempre in questo periodo dell’estate 1965 c’è da segnalare un fatto strano: esiste infatti un’immagine che Gion spedì al fratello Andrea a Madrid, dove si vedono i ragazzi e sul retro c’è una scritta in cui si fa accenno ad un fantomatico organista di nome Paolo (che però non compare) “aggiunto alla formazione da appena una settimana”, e anche che “il gruppo stava provando due nuovi pezzi, Sorpresa Sorpresa dei Rolling Stones e Little Girl dei Them”; ovviamente “Sorpresa Sorpresa” non può altro che trattarsi di Surprise,Surprise della band di Mick Jagger, magari fatta in italiano; il mistero è che nessuno ricorda questo organista e quel che è più assurdo è che, pur riconoscendo la sua calligrafia Gion, non riesce nemmeno ad immaginare la band diversa dal suo abituale assetto con due chitarre, basso e batteria. 


In autunno comunque Andrea tornò dalla Spagna; si era portato con sé una mandola elettrica a 12 corde dal suono affascinante e riprese il suo posto come chitarrista ritmico costringendo l’altro Gianni ad abbandonare e poco dopo anche Francesco se ne andò, a sostituirlo arrivò un bravo chitarrista solista di nome Bruno Pellegrini, precedentemente con un complesso composto da tre chitarre, organo e batteria che faceva parecchie serate nei locali milanesi, di cui però si è persa la memoria e di conseguenza il nome; Pellegrini era possessore di varie chitarre, tra cui una Fender Stratocaster con relativo amplificatore (dalle foto pubblicate sul sito ufficiale del gruppo sembrerebbe un Twin Reverb) e questa finalmente divenne la formazione definitiva dei Balordi che poi inciderà dischi per la Durium e diverrà famosa nel panorama beat italiano. 

In Dicembre Gion iniziò a disegnare un fumetto di un personaggio dal quale prese
il soprannome: un bizzarro capellone con gli stivaletti alla Beatles e un cappellino come quello indossato da John Lennon; questi fumetti, realizzati in forma di strisce, verranno pubblicati per la prima volta sulla rivista Ciao Amici a partire dal 3 aprile 1966.

..continua sul n°87 di Jamboree Magazine.





venerdì 6 febbraio 2015

VADEMECUM DEL RETRO' - III PARTE

Carissimi lettori,

oggi vi offriamo un'anteprima dell'articolo a cura di Silvia Ragni che appare sul n° 87 della nostra rivista  che potete richiedere collegandovi a www.jamboreemagazine.it 

83 voci per riassumere lo stile anni ‘40 e ‘50 - III parte  
Rubrica 'Vintage & Style' di Silvia Ragni


PASTELLO - Il rosa e il celeste baby, il giallo pallido, il verde acqua e il verde menta, il violetto, l’albicocca: tutti colori che, nelle tenui sfumature dell’arcobaleno, si materializzano dopo una tempesta. Allo stesso modo, il boom economico e gli anni spensierati del secondo dopoguerra diffondono un desiderio di leggerezza che si riflette come un imperativo assoluto anche nelle nuance degli abiti e degli accessori. Le tonalità pastello, inoltre, hanno il pregio di sottolineare la femminilità e di donarle il massimo risalto nelle svariate sfaccettature che l’epoca propone.

PEEP TOE - Scarpa molto popolare nei ’40, è una décolletè che scopre appena le dita del piede risultando sfiziosa e intrigante. Se l’apertura sulle dita è maggiore, la scarpa viene detta open toe. 
Entrambe, sono molto usate nel periodo estivo.

PEEK-A-BOO BANG - Ha questo nome l’inconfondibile acconciatura di Veronica Lake, con la riga laterale che lascia ricadere metà della sua lunga chioma ondulata a ricoprire il volto. L’allure di mistero che le conferisce fa notare a Hollywood l’aspirante attrice e le vale il primo contratto con la Paramount: ha inizio così la sua carriera di star dei film noir. Il successo del peekaboo è tale che, nel 1943, il Governo statunitense è costretto a chiedere apertamente alla diva di modificare la sua pettinatura: il numero degli infortuni sul lavoro si è infatti moltiplicato dopo che svariate operaie americane, per averla imitata, hanno visto incastrarsi la loro lunga chioma incastrarsi nelle apparecchiature industriali. Ciò non diminuisce tuttavia il fascino del peekaboo bang, che a distanza di oltre mezzo secolo rimane una “pietra miliare” dell’hairstyle e consacra definitivamente Veronica Lake icona di stile.

PENCIL SKIRT - Denominata “gonna a matita” per la sua forma dritta e affusolata, scende lungo le gambe in linea aderente ed oltrepassa il ginocchio di almeno una spanna. Christian Dior la lancia negli anni ’40 definendo la sua forma “ad H”. Nel decennio successivo la pencil skirt si tramuta in un must ed è la gonna preferita dalle pin up e dalle più sensuali star, vedi Marilyn Monroe.

PIN UP - Dall’inglese “to pin”, appendere: le pin up sono infatti ragazze dalle curve abbondanti, provocanti e sorridenti che ammiccano dalle foto che i soldati americani appendono nei propri armadietti durante la Seconda Guerra Mondiale e la Guerra di Corea.
Frequentemente, le loro immagini vengono anche dipinte dai piloti sulle carlinghe degli aeroplani. Il fenomeno delle Pin Up esplode grazie a svariati settimanali americani che pubblicano sovente, tra le loro pagine, immagini di ragazze sexy e procaci per alleviare l’atmosfera cupa del conflitto. L’appeal genuino, l’ironia, il perenne sorriso stampato sul volto le distanziano completamente dalla tipologia della “femme fatale” degli anni ’30, rendendole “raggiungibili” e rassicuranti. Le loro forme, in un periodo di profonda carestia, piacciono enormemente e sulla scia del loro boom si definisce un nuovo tipo di bellezza: la Pin Up è prosperosa ma longilinea, ha gambe slanciate, rappresenta la quintessenza della femminilità. Ma soprattutto, incarna un erotismo spontaneo e prorompente svincolandolo da ogni dogma o senso di colpa legato alla comune morale dell’epoca.
 
PLATINO - Jean Harlow lo lancia negli anni 30, in una nuance così chiara da virare quasi al bianco, ed è subito imitatissima. E’ il 1946 quando Marilyn, su richiesta della Blue Book Agency per la quale lavora come modella, da castana diventa bionda per “avere più successo” e cambia il suo nome da Norma Jean Baker in Marilyn Monroe.
 
In seguito, dopo aver provato le più disparate nuance di biondo della Clairol - dorato, miele, cenere e champagne - opta per lo stesso color platino del suo idolo Jean Harlow, e si fa tingere i capelli dalla parrucchiera della “bombshell” anni ’30 in persona. Da quel momento in poi, la chioma platinata e perfettamente curata rimarrà per sempre uno dei suoi principali caratteri identificativi.

PLISSE’ - Accanto alla pencil skirt e alla gonna a corolla, anche il plissè vive un suo momento d’oro: basta pensare allo storico abito plissettato color avorio di Marilyn in “Quando la moglie è in vacanza” (1955), sollevato da una folata d’aria della metropolitana fino a scoprirle completamente le gambe. Brevettato da Mariano Fortuny nel 1909, il plissè in Italia viene magistralmente interpretato da Roberto Capucci, che ne ha elevato la tecnica a livelli di creatività e perfezione tali da veder esporre molte delle sue creazioni in svariate mostre e musei.

POCHETTE - Come la clutch, è una borsetta senza manici di dimensioni ridottissime e contiene il minimo indispensabile. Dalla forma a busta, ha un look più informale: è prodotta in materiali soffici ed è priva della chiusura a incastro.

POIS - E’ forse il pattern più gettonato dei ’50: il suo nome, in inglese “polka dot”, deriva da una danza cecoslovacca diffusasi alla fine dell’800. La voga dei polka dots - o pois - si propaga negli anni ’30, ma è vent’anni dopo che scoppia il vero e proprio boom. Le dive dell’epoca li adorano: celebri i pois indossati da Marilyn, Audrey Hepburn, Jayne Mansfield e Brigitte Bardot. Prediletti anche dalle pin up, donano loro un tocco aggiuntivo di seduttiva gioiosità.

POMPADOUR - Tra le acconciature più è la page, prende il nome da Jeanne Antoinette Posson - alias M.me de Pompadour - favorita e confidente del re Luigi XV di Francia. L’hairstyle Pompadour si impone negli anni ’40 e viene adottato indifferentemente da uomini o donne: è contraddistinto dal ciuffo di capelli rialzato sopra la fronte e sostenuto da lacca, brillantina e prodotti fissanti per creare volume e altezza. In versione femminile, si declina in svariate versioni: il ciuffo si torce in direzione della nuca e viene fissato con numerose forcine fino a formare particolarissimi boccoli o onde. Tra i suoi maggiori fan maschili, nomi del calibro di Elvis, James Dean, Buddy Holly, Carl Perkins e Johnny Cash.

PROM DRESS - E’ l’abito elegante, a metà tra il vestito da cocktail e l’evening dress, che indossano le studentesse dei Paesi anglosassoni - in particolare, degli Stati Uniti - la sera del Prom, il ballo che conclude il ciclo della High School. I Prom dress sono oggi un classico del vintage per il loro stile rétro: corpetti e gonne a corolla sono frequenti, in versione ricercata e in tessuti preziosi che includono spesso il tulle. Tra i più sofisticati, i Prom ispirati alle linee del New Look di Christian Dior.

QIPAO - Jennifer Jones lo indossa in “L’Amore è una cosa meravigliosa” (1955), ma il grande boom del qipao esplode grazie a “Il mondo di Suzie Wong”, un film del 1960 che ha lasciato profonde tracce nello stile sfoggiato durante le kermesse dedicate agli anni ’40 e ’50. Questo tradizionale abito femminile cinese è stato rielaborato a Shangai negli anni ’20 acquisendo la linea attillata al corpo che lo contraddistingue. A maniche corte o lunghe, è dotato di un colletto alla coreana piuttosto alto dal quale parte un’abbottonatura che scende in diagonale verso l’ascella. L’abito, caratterizzato da vertiginosi spacchi laterali, è realizzato in seta a fantasia o monocolore con bordatura in tinta contrastante.

ROCKABILLY - Come genere musicale nasce nei primi anni ’50: è una forma di rock‘n roll che unisce R&B, blues e bluegrass country. Il termine deriva dalla fusione tra Rock e Hillibilly, e tra i suoi sostenitori impone un dress code ben preciso: i ragazzi sfoggiano chiodo e t-shirt, ciuffi a banana in stile Elvis, jeans tubolari con alto risvolto - talvolta accessoriati di bretelle - e alternano i mocassini alle Brothel Creepers. Per le ragazze sono d’obbligo abiti e top con scollatura a cuore, gonne a corolla, pantaloni Capri, golfini bon ton, pois o fantasie floreali a profusione, coda di cavallo o pettinature ondulate e scarpe come le décolleté o le sfiziose zeppe. 
Tra gli accessori, sgargianti fiori tra i capelli, cinture strizza- vita e occhiali cat eye o heart-shaped sono dei must assoluti.